And you are...
You're exceptional
The way you are
Don't need to change for nobody
You're incredibile
Anyone can see that
When will you believe that?


venerdì, dicembre 31, 2010

mercoledì, dicembre 29, 2010

Un futuro già vissuto, quattordicesima parte: vita che nasce, vita che muore

Gli aiuti dall’ospedale non tardarono ad arrivare. Alcuni aiutarono la debole Sairyn a ristabilirsi, mentre altri presero in custodia il bambino per alcuni accertamenti. Ma la maggior parte dello staff era dedicato esclusivamente al signor Akai, svenuto su una pozza di sangue creata dal suo vomito. Lo portarono con un’urgenza di livello rosso al reparto rianimazione. Non ho mai capito bene quanti litri di sangue contiene l’uomo, ma di certo se avessi perso io tutto quel sangue, sarei morto.

Il bambino, dopo gli accertamenti, fu dato in braccio a Seiryn, mentre Sairyn dormeva. Secondo ordine di Seyo, le figlie del signor Akai dovevano distrarsi e non pensare a quell’orrenda figura del padre in quello stato.

Dopo due ore buone, un dottore venne a parlarci. Solo io ero rimasto disponibile per colloquiare con lei.

“Scusi, lei è un parente del signor Shiteru?”
“Sono il genero. Mia cognata ha appena partorito e mia moglie le sta accudendo il bambino. Allora, cos’è successo?”
“Allora, non so da dove partire. Il signor Shiteru ha una gravissima malattia. Da quel poco che abbiamo analizzato, è iniziata come una malattia leggera che non porta alcun fastidio, se non alle persone già fragili di suo.”
Pensai alla signora Jun, la moglie del signor Akai. Alla sua malattia, come mi fu descritta.
“Non esiste ancora una cura, anche se dei dottori avevano cominciato una cura sperimentale circa 20 anni fa in Italia. Solitamente è auto immune. Ma nel corpo di suo suocero, la malattia non si è fermata. Ha continuato ad espandersi fino a raggiungere il punto massimo adesso.”
“…ma come? Così, tutto di colpo?”
“Non penso. Molto probabilmente, il paziente sa della sua malattia da più di un anno.”

Fermi.

Più di un anno?

Vuol dire che il prestito per i soldi del tour…la casa di Seyo…erano pensati tutti come regali postumi? E quelle uscite strane che faceva la mattina? Andava da un dottore?
Cominciai ad agitarmi, le prime lacrime desideravano di uscire.

“Siamo riusciti a rianimarlo, aveva tenuto dentro sé il sangue che doveva necessariamente espellere. Molto probabilmente non voleva svenire prima di assistere alla nascita dell’unico nipote che vedrà.”
“UNICO?”
“Sì. Mi dispiace dirglielo. Ma a meno che sua moglie non partorisca entro questo mese, quella creatura che oggi è nata sarà l’ultimo parente che vedrà nascere.”
“…cioè? Mi scusi, parli più chiaro.”
“In parole povere, signor Farey…il signor Shiteru ha meno di un mese di vita”

1961 – 2012.
Stava accadendo.

Il dottore se ne andò, lasciandomi solo davanti quella grandissima notizia che non faceva altro che sconvolgermi. Nonostante avessi alle spalle l’esperienza della morte dei miei genitori, non potevo certo dire di essere calmo. Non ci si abitua mai ai lutti. E ora cosa dovevo dire a Seyo, a Sairyn. A Seiryn?

Non avevo la forza. Non avevo il coraggio. Non avevo la capacità. Cercai il dottore e gli indicai la stanza dove c’erano i miei parenti. Mi disse che io sarei stato più indicato, ma gli feci capire dallo stato dei miei occhi che non ne ero assolutamente capace.

E così fu. Il dottore avvisò le figlie e Seyo. Quest ultimo riuscì a non piangere, anche se si vedeva visibilmente che era distrutto. Seiryn e Sairyn, invece, non furono così forti. Piansero tanto. Sarebbe inutile quantificare questo “tanto”. Stiamo parlando di figlie alla quale era stata annunciata la morte del padre.

Sairyn doveva restare ancora in ospedale, quindi chiese esplicitamente di essere messa vicina al padre. La sua richiesta non fu subito accolta, dato che dovevano controllare se la malattia fosse totalmente isolata. A quanto dissero, poteva essere trasmessa tramite saliva e sangue, ma non tramite aria e microbi. Quindi pensai davvero che aveva contratto la stessa malattia della moglie.

Seyo rimase a fianco della moglie per tutto il tempo che lei stese all’ospedale. Io e Seiryn, dopo aver visto il signor Akai, tornammo a casa. Era entrato in coma. Gli altri casi parlavano di risveglio solo 24 ore prima della morte. Un ultimo saluto ai suoi cari. La morte trovava sempre il modo di beffarsi dei vivi.

Per i giorni seguenti, io e Seiryn parlammo davvero poco. Passava molto tempo a piangere, ed io facevo del mio meglio per consolarla. Persino il suo compleanno fu tinto del nero più totale. Quella ragazza così energica, così solare, così splendente era stata distrutta da un evento. Ero distrutto anch’io, sia chiaro. Ma lei la vidi totalmente persa. Cercammo di unire i nostri sentimenti abbattuti cercando di confortarci. Di certo, allietammo un po’ il dolore. Ma non lo cancellammo. Non potevamo cancellare quel gran dolore che sarebbe derivato dalla perdita del signore Akai.

Cominciai a pensare a lui.
Lo conobbi ormai 6 anni fa, quel giorno di Gennaio 2006, quando Sairyn ci invitò a casa sua. Pensai subito di lui che era un tipo simpatico, con la quale si poteva scherzare senza problemi. Era il nostro punto di forza. Il nostro perno centrale. Con la sua esperienza, riusciva a tenere uniti noi scapestrati dentro un gruppo compatto. Amava le sue figlie molto più di se stesso, come dimostrò molte volte. Era severo solo quando la situazione lo richiedeva. Forse era l’effetto che mi dava la notizia, ma non riuscivo a trovare alcun difetto in lui.

Il mio pensiero fu interrotto da una voce. Una voce che molte volte avevo sentito ridere, ma che quella volta aveva un tono serio. Era lui, il vecchio Legato.

“È così, tuo suocero sta morendo?”
“…cosa ci fai, tu qui? Non era il compito della tua vita distruggere la mia?”
“Non mi pare di averlo mai detto. Il mio compito è totalmente diverso. Ma qui stiamo parlando della morte. Ho una certà età, e le persone non sono eterne. Ho visto i miei genitori morire. Ho visto mia moglie morire. Ho visto mio figlio morire. Ho visto tante persone a me care morire, e ho capito una cosa. Che non ci si abitua mai alla morte.”
“Cos’è, un tentativo di consolazione?”
“Chiamalo come vuoi. Comunque, non è che in realtà ti senti in colpa? Per non avere utilizzato bene l’eredità di tuo padre?”
1961-2012. Ci ripensai.
“COSA VORRESTI INSINUARE?”
“Sai benissimo cosa voglio dire. Tuo padre ti ha lasciato un’eredità abbastanza difficile da contenere. E tu non hai voluto usarla a pieno. Di certo io non ti biasimo. Ma tu? Riesci a non biasimarti?”
“!!!”
Non sapevo cosa dire. Non sapevo come controbattere. Forse perché non potevo. Aveva perfettamente ragione.

Era la sera del 29, quando ci chiamarono dall’ospedale. Le 24 ore erano già iniziate. Il signor Akai si era svegliato.

Corremmo subito verso l’ospedale. Trovammo Sairyn abbracciata al padre mentre piangeva senza sosta. Si staccò quando vide la sua seconda figlia. Mentre parlava con lei, io cominciai a parlare con Seyo, fuori dalla stanza.

“Allora…come stai?”
“Come vuoi che stia…sono distrutto. Sono appena diventato padre e mio figlio sta per perdere suo nonno. Il nonno che è il motivo del suo nome.”
Vero. Akai Karasu.
Per un Akai che vive, c’è un Akai che muore.
“Appena Seiryn finirà di parlare, prenderò mia moglie e lei e andremo a casa. Il signor Akai mi ha chiesto di poter parlare con te, gli ultimi momenti della sua vita. Non vuole che le figlie lo vedano morire. Sarai l’ultimo a vederlo in vita.”
Non so se essere felice di quella sua scelta. Ma di certo, non ero nessuno per oppormi.
Mentre pensavo questo, vidi le due sorelle uscire dalla stanza d’ospedale. Abbracciai Seiryn, mentre Seyo abbracciò Sairyn. Fu un lungo abbraccio, dopodiché se ne andò con Seyo verso casa. Avevano entrambe capito che quella, era l’ultima discussione col padre.

Ora, era il mio momento di avere l’ultima discussione col suocero.

Entrai in quella stanza che faceva già odore di morte. Salutai il signor Akai, e lui salutò me.

“Salve, figliolo…come vedi, non sono affatto l’uomo invincibile che credevi. Ah ah, e io che pensavo di assistere alla nascita del mio secondo nipote.”
“Signor Akai, non dovrebbe riposare, invece di parlare?”
Parlai come se ancora ci fosse speranza.
“E per cosa? Per perdere gli ultimi secondi della mia vita? No, figliolo. Ho chiesto di parlare con te perché ti ho sempre considerato un secondo figlio più che un genero. Oltre ad essere il mio discepolo ed il figlio del mio migliore amico. Ti racconterò la mia ultima storia. Ti prego di non interrompermi.”
“Ok, signor Akai, parli pure.”
Presi il telefono e puntai il registratore. Non volevo che le sue ultime parole si perdessero.
“Come ben sai, mia moglie Jun morì di questa malattia. Contrasse questa malattia mentre era giovane, fuori dal Giappone. È una malattia rarissima dalle nostre parti, oltre ad essere praticamente autoimmune. Ma per Jun non fu così. Scoprì di essere malata nel 1992, molto dopo quel viaggio. La sua fragilità la portò alla morte. Era sempre stata una donna fragile, ma quella malattia la uccise. Ma, circa due anni fa, capii che io non ero tanto meno fragile di lei. Cominciai ad avere rigetti di sangue sempre più frequentamente. Quindi andai da un medico, che mi disse che la malattia si era propagata per tutto il corpo e che avevo meno di 18 mesi di vita. Dapprima feci visitare pure le mie figlie, poi cominciai la mia vita da padre prodigo. Avevo risparmiato quel denaro per un vostro futuro radioso in una mia prosperante eredità, ma poi cominciai a spenderlo per voi. Anticipai i soldi del tour, anzi coprii molte spese, facendo in modo che le uscite fossero solo di un misero 10%. Non feci nessun prestito, come invece feci credere. Comprai una casa a Seyo. Tra l’altro, fino a qualche giorno fa avevo i soldi del tour rimanenti nel mio conto in banca. Ho trasferito metà dei soldi a te, metà a Seyo. Spero che possano bastare come scusa per la mia morte.”
Cominciai a piangere e singhiozzare. Chiedeva scusa per la sua morte. Si sentiva in colpa ad abbandonarci.
“Kiiro una volta mi disse… Che se mai avesse avuto un figlio…Sarebbe diventato un talento musicale, un genio della composizione…e che, nel farlo, si sarebbe ispirato a me. Sono felice di vedere che non ha seguito quel proposito.”
Cominciò a parlare affannosamente. L’elettroencefalogramma cominciava a segnare i battiti rallentati.
“Ti prego, Akira…qualunque cosa succeda…veglia su mia figlia…e sulla tua vita…non pensare mai di essere arrivato al massimo…questo ci fregò tempo fa. Non so ancora il motivo della morte di Saki, ma la moglie di Kuroi mi disse che si suicidò dopo lo scoglimento della band, perché non voleva perdere il successo che aveva avuto. Morì maledicendo il suo vecchio amico nella tomba. L’orgoglio e la superbia distruggono lentamente questo pianeta, Akira. Non farti coinvolgere. Tu sei un ragazzo d’oro, come lo era tuo padre. Me lo prometti, figliolo?”
“…sì…sì, te lo prometto, papà.”
Era la prima volta che chiamavo il signor Akai “papà”. Solitamente i suoceri vengono chiamati “papà” dopo il matrimonio con la figlia, ma avevo sempre trasgredito quella regola, perché vedevo davvero poco del padre nel signor Akai. Solo nel momento della sua morte capii che aveva tenuto nascosto tutto, per farci vivere serenamente.
“Non dissi a nessuno di voi della malattia per non distrarvi…troppo dalla vostra felicità…Vi eravate appena sposati, Sairyn era incinta…chi ero io per mettermi in mezzo? Eppure, ho ugualmente rovinato tutto. Ho rovinato la nascita di mio nipote. E molto probabilmente, la mia morte inciderà pure sulla nascita di tuo figlio. Mi dispiace, Akira. Mi dispiace davvero tanto.”
Cominciò anche lui a piangere. Io aumentai l’intensità del mio pianto a livelli che neppure per la morte dei miei genitori avevo raggiunto. Era la prima volta che una persona cara a me moriva davanti ai miei occhi.
“Addio, Akira. Spero che resterai sempre come ti ho conosciuto.”
Pensai alla sua capriola durante il terzo tour. Piansi ancora più forte.
“Non cambiare mai, resta sempre il ragazzo d’oro che sei adesso”
Pensai al suo “ladies and gentleman” con quell’inglese. Piansi ancora più forte.
“Rendi felice la mia famiglia, come la tua rese la mia felice tempo fa!”
Pensai a quando rischiò di affogarsi col sushi. Piansi ancora più forte.
“Addio, figliolo. Ti voglio bene.”
Non pensai più. Ma continuai ugualmente a piangere ancora più forte. L’elettroencefalogramma non segnava più il battito. Akai Shiteru era morto il 30 gennaio del 2012. Esattamente 6 anni dopo mio padre e mia madre.

Tutti mi aspettavano a casa Shiteru. Capirono dalla mia faccia che il signor Akai ci aveva lasciato. Seyo e Sairyn si incamminarono verso casa, mentre io con Seiryn restammo un altro po’. Dovevo dirle due parole.

“Amore…scusami se te lo chiedo…ma vorrei chiederti se, solo per oggi, tu possa dormire qui, a casa di tuo padre.”
“? Ma perché?”
“Ho parecchi dubbi nella mia mente, e so che potrei diventare abbastanza violento nel risolverlo. Non vorrei che tu fossi coinvolta.”
“MA PERCHÉ? NON SIAMO UNA FAMIGLIA? NON CONDIVIDIAMO SEMPRE TUTTO? NON…”
“NO! IO HO SBAGLIATO! IO LO SAPEVO CHE SAREBBE MORTO, E NON TI HO DETTO NULLA!!!”
Mi si illuminò nella mente. L’immagine della seconda lapide che vidi quel giorno che andai nel futuro inoltrato. Akai Shiteru, nato il 25-06-1961, morto il 30-01-2012. Lo sapevo, ma non volevo crederci.
“Come…lo sapevi? Te l’aveva detto lui?”
“No…io…ho visto la sua lapide…nel futuro.”
“Akira, ma cosa stai dicendo?”
“So che non puoi comprendermi, e attualmente non avrei neppure la forza di spiegare. So solo che avrei dovuto dirvelo prima. Non credevo fosse possibile realmente. Invece è successo. Ti prego, Seiryn, solo per oggi. Lasciami riflettere da solo. Tu, però, forse è meglio che non resti qui. Chiamerò Seyo, dormirai a casa sua. Grazie, amore. Ti amo.”
La baciai mentre lei restò immobile, senza parole. Forse cercava di pensare qualcosa, ma non ci riusciva. Uscii da quella casa mentre telefonai a Seyo. Trovò la mia idea strana ma comprensibile, conoscendo lui meglio degli altri i miei scatti d’ira.

Finalmente arrivai a casa. Il 5 nel tappeto pulsava. Brillava. Sembrava soddisfatto.

“PERCHÉ?”
Cominciai ad urlare.
“Perché sapevo che sarebbe morto? Perché non l’ho detto a nessuno? Perché non ho creduto a quella visione?”
Unii gli urli a dei pugni al muro. Cominciai a sanguinare.
“Perché deludo tutti quelli che si aspettavano qualcosa da me? Perché? PERCHÉ?”
Comincia a piangere e ad aumentare la forza dei pugni al muro. Finché, non senti una voce.

“Fermati, Akira. Cosi distruggerai la casa.”
Mi girai lentamente. Riconobbi quella voce. Ma non poteva essere lui.
Invece era proprio lui.
Indossava il mantello dei Legato. Ma non era il vecchio Legato. Era qualcuno che non poteva essere lì. Lo guardai per un po’, prima di pronunciare una domanda più che lecita, per il mio cuore confuso.

“Pa…papà?”

FINE QUATTORDICESIMA PARTE.
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

lunedì, dicembre 27, 2010

Un futuro già vissuto, tredicesima parte: una nuova vita

Il sole splendeva. Era da qualche mese che la mia vita era tranquilla, allegra. Ero diventato il marito di una splendida ragazza. A breve sarei diventato zio. Non penso ci sia qualcosa del mio presente che possa essere considerata come negativa.

Guardai casa mia, da sposato. Non che fosse cambiato molto. Seiryn era venuta ad abitare da me, com’era naturale. L’unica spesa grande che facemmo fu il letto. E varie lavatrici, non ne ho mai avuto il vero bisogno di possederle.

Diedi un occhiata alla parete. Vidi il mio diploma e, accanto, la mia laurea.

Ripensai a quando mi laureai, nel 2009, insieme a Seyo e Sairyn. Mia cognata, nonostante avesse cambiato facoltà, riuscì ugualmente a laurearsi in quattro anni. Un vero genio. Contando pure che entrò a 17 anni. Quando ci diplomammo, pensai di essere molto inferiore a lei.

C’è sempre qualcuno più forte di te, in questo mondo.

Ripensai pure a Gikam. Lui abbandonò non appena i Trespasser cominciarono ad assimilare i primi guadagni. Andava all’università solo per, in futuro, avere un lavoro per poter sostenere la madre. Dato che l’aveva trovato, l’università non serviva più.

Seiryn, dopo il diploma, si fermò. Doveva scegliere tra il lavoro e l’università, e scelse la prima. Non condividevo a pieno, ma all’epoca ero troppo egoista per dirlo. Ma alla fine, gli studi servono solo ad esprimerti meglio nel mondo del lavoro. Se ti esprimi già al massimo, a cosa serve studiare? E poi lei studiava le cose che riguardavano il suo lavoro. Certo, avesse studiato un po’ d’inglese al periodo, male non faceva.

Seika invece si era appena diplomata. Per quanto odiasse la scuola, uscì con un bel 98. Giurò di non toccare più un libro, diceva che se leggeva troppo non riusciva poi a suonare bene. Non so se fosse una scusa…ma meglio non rischiare.

Sta di fatto che eravamo in pausa. I soldi del concerto ci sarebbero bastati giusto fino a marzo, aprile risparmiando al massimo. 30.000 euro saranno pure tanti, ma volano dopo un anno e mezzo se hai una famiglia e delle spese.

Per ingannare l’attesa, tornai in palestra. Seiryn andava a lezione di basso e voce tre giorni la settimana. Gli altri giorni lavorativi, invece, insegnava quello che già sapeva. Seyo dava lezioni di chitarra ad alcuni suoi vecchi amici, giusto per arrotondare i conti attendendo la nascita del suo bambino. Gikam tornò a suonare nei locali mentre Seika non è mai stata molto pretenziosa nelle sue cose. Le bastava comprare dei pianoforti, e lei era contenta. Beata lei che si accontentava di poco.

Per tutto agosto, pensai ad esercitarmi sul mio, cosiddetto, potere. Senza dati di fatto, ovviamente, Non riuscivo a compiere le mie azioni come volevo. Ogni tanto mi capitava di andare avanti di due o tre minuti, ma dallo sforzo dovevo riposarmi il quadruplo del tempo che recuperavo andando avanti. Pensai di non essere portato per i viaggi nel tempo. Ci bastava quel vecchio fissato coi Legato. Che poi aveva detto lui stesso di esserlo. Da come si mostrava poteva essere mio nonno, ma mio padre mi disse al suo tempo che non era più tra i viventi. Quindi, chi era? Un parente lontano? Un fratello del nonno rimasto nascosto? Non capivo, ma onestamente non mi interessava molto. Tanto finché non sapevo viaggiare nel tempo, la nostra parentela era solo nella sua mente.

Iniziò settembre. Cominciai a scrivere qualcosa, giusto per potermi definire attivo e così prepararmi al nostro ritorno, nel 2012. Ci sarebbe stata davvero la fine del mondo. Perché l’avremmo portata noi coi nostri successi.

Capitava spesso che io e Seyo ci incontrassimo e parlavamo, stavolta non solo di lavoro, ma anche della nostra vita da sposati. Ormai eravamo grandi. Non eravamo più quei ragazzini che si divertivano a soffiare sui capelli delle ragazze appena uscite dal bagno (che poi non ho mai capito dove fosse il divertimento). Eravamo sposati. Eravamo uomini in carriera. Passamo metà settembre, incontrandoci e realizzando piccole riunioni che mi facevano capire l’importanza di avere un fratello, anche se non di sangue.

Poi arrivò il quindici.

Quel giorno, eravamo di nuovo tutti. Dal giorno del mio matrimonio non eravamo più nel famoso salone di casa Shiteru. Quel giorno vidi una gonfia Sairyn accoglierci, come se quella fosse ancora casa sua. Il signor Akai doveva sentirsi solo, da quando le sue figlie lo lasciarono. Però era sempre allegro, non sembrava mai essere demoralizzato. Aveva una forte tempra. Sicuramente fortificatasi dopo la morte della moglie.

Seiryn mi disse che il suo regalo era un annuncio. Cosa voleva dirmi, che mi aveva comprato un vaso italiano? Sarebbe stato un bel regalo.

“Ladies and gentleman (inglese perfetto, al contrario del padre), siamo qui riuniti per festeggiare il compleanno del nostro leader Akira Farey. Tutti voi avete portato un regalo fisico, avvolto in un pacco di carta. Il mio, invece, è più che fisico. Ed è racchiuso dentro un grembo. Purtroppo, sarà pienamente pronto tra 7 mesi e mezzo!”

All’inizio pensavo che fosse l’incipit di un libro che mi aveva comprato. Non capii subito cosa volesse dirmi, e non capii perché gli altri si congratulavano. Solo dopo capii che era incinta. CHE SAREI DIVENTATO PADRE.

Corsi verso Seiryn e la abbracciai con tutte le mie forze. Se non avesse insistito sul mio dipanarmi, avrei perso lei e mio figlio. Mia figlia. Quello che era, che aveva 23 cromosomi miei. Non riuscivo ad immaginare contentezza più grande. Questo era il concetto di famiglia che avevo sempre avuto in mente. Una donna che ama me e la musica. Una donna che io amo. Uno o due figli. In una casa dove regna l’amore. Cosa c’è di più bello?

Ma per una vita che nasce, c’è una vita che muore.

Da settembre a dicembre passai dei mesi meravigliosi. Io e Seyo molte volte facevamo pratica, leggendo un libro chiamato “Come diventare padre in due lezioni”. Capimmo subito che era una truffa, ma almeno potevamo farci due risate. E ne facemmo molte più di due.

Poi dicembre finì. L’idillio si spezzò nel momento stesso in cui raggiunse il suo picco.

[L’1 Gennaio, il vecchio Legato festeggiò come l’anno precedente. Uccidendo. L’avvocato che lo accusò tempo addietro.]

Arrivo il secondo giorno del primo mese dell’anno. Eravamo in quattro all’ospedale, ossia il marito, la sorella, il cognato ed il padre. La gestazione fu lunga, e di certo non semplice. Si dovette operare con un cesareo d’emergenza, per far uscire la creatura dentro al suo corpo. Ma il due gennaio del 2012, Sairyn partorì un bel maschietto. Entrammo tutti a pressione in quella stanza. Era bellissimo. Sairyn pronunciò lentamente il suo nome.
"Akai…Karasu…eh eh"

Una nuova vita.

Il primo a tenere per mano il nostro nuovo compagno di avventure fu il padre, Seyo. Non riusciva a credere di essere diventato padre di un essere umano. Lui che fino a qualche anno fa non era capace di essere padre neanche di un tostapane.

Dopo di lui, toccò al nonno.

Lo tenne in braccio solo per pochi secondi, poi lo consegnò alla zia.

Dopodichè svenne, vomitando sangue.

Noi lo guardammo, straniti e sconvolti.

Qualcosa non andava. La felicità si ruppe. Il momento idilliaco si spezzò. Rimanemmo trenta secondi fissi, ad ammirare il corpo del signor Akai fisso a terra immerso in quel puzzolente sangue. Dopodichè, chiamammo gli infermieri.

Il 6 scomparì totalmente dal tappeto. Rimase solo il 5. Un cinque rosso fiamma, tanto da far brillare l’intera
casa.

FINE TREDICESIMA PARTE.
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

domenica, dicembre 26, 2010

Riflessioni di tardo natale: pensieri e meditazioni

Non sono solito amare le feste, special modo i regali. Solitamente accetto solo vari pezzi di silicio abbastanza grandi, con un buco nel centro.


Il 30% di questa tipologia di oggetti, a casa mia, sono regali. Non chiedono prezzi alti, vanno variabili dai 20 ai 60. Nulla di dispendioso, soprattutto se si cercare. Mi basta girare un attimo la testa per vedere LittleBigPlanet. Avevo trenta euro pronti da spendere. Mio padre mi disse di dargliene solo dieci. E così fu. Odio i regali. Ma forse, odio i regali quando vanno fuori dal ludico.



Ieri, come ogni 25 dicembre. Era Natale. Avevo già ricevuto il mio regalo, ossia Neon Genesis Evangelion 1.11: You are (not) alone. Avevo anche questa volta 25 euro pronti, però mio padre, al solito, se ne esce coi suoi tocchi di prestigio. "Questo è il mio regalo di Natale". E cosa posso dire, se non: "...!!" ?
Film, tra l'altro, che ancora non ho visto, e che in un certo senso si è sminuito quando ho visto quel malo cofanetto di NGE Platinum edition (della serie: addivintai scemu). Ma il regalo non sminuisce. Se 26 anni mi avessero regalato Fifa 84 (che non esiste) ora parrebbe inutile. Ma non il gesto compiuto 26 anni fa.





E così arriva Natale. Sbircio diligentemente tra i pacchi. Una scatola incartata di Euronics. E cosa poteva essere? Poi ci arrivai. Era il famoso voucher. Se fosse stato un Gran Turismo 5, non l'avrebbero messo così a bella vista.


Il voucher da 20 euro. Era da tre mesi che doveva regalarmelo, mio fratello. Dal mio compleanno. Mentre avevo la scatola in mano pensai a cosa dovevo comprare. Il challenge pack di Yakuza 3, 4 euro. Final Fantasy VII, 10 euro. I restanti 6 euro avrei pensato in futuro sul come spenderli.
Poi aprì quella scatola. Da sopra. "Solo su Playstation". Da quando vi è scritto nei voucher? Pensavo fosse un'ovvietà.
Poi apro il sotto.

WHITE KNIGHT CHRONICLES.




Ricordo ancora due anni fa, quando seguì le vicende dell'uscita di Shirokishi Monogatari in diretta dal giappone. Dovetti aspettare un anno e mezzo per la conversione ita. Ed altri sei mesi per averlo. Si trova scontato in molti luoghi, ma non è il prezzo. Il gesto. Quello, mi ha fatto rimanere fermo per mezz'ora. La sorpresa. Quando i bandalì hanno scartato il loro GT5, non c'era così tanta sorpresa, solo dei bambini che volevano il loro gioco (vedere il video per capire cosa intendo).



Ora Shirokishi Monogatari, erede di Dark Cloud, è in mano mia. Vi ho giocato ancora 20 minuti netti, ma il tempo non mancherà. Poi a Marzo sarà Yakuza 4, e da quando finirò Yakuza fino al primo novembre devo rimediare LBP 2.
http://killingtimewithijahamran.files.wordpress.com/2010/12/games-34darkcloud.jpghttp://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/thumb/a/af/Yakuza_4_cover_temp.jpg/255px-Yakuza_4_cover_temp.jpg

http://fc05.deviantart.net/fs70/i/2010/284/d/4/lbp2_original_cover_hd_by_vinceranda-d2ylsy7.jpg
Ma il gesto di mio fratello rimarrà incompiuto? No.
Ho raccolto un po' di soldi per Yakuza 4, circa il doppio di quello che mi serviva. E li userò tre mesi prima, per acquistare un GT5. Da regalare. A conti fatti, sarà il regalo più dispendioso che abbia mai fatto, e a conti fatti pesa parecchio al mio portafoglio. Ma non posso lasciare le cose a metà.



PS: magari però non diteglielo, ok?
PS2: ah, e cosa c'è di meglio del 6.20 TN-A più IsoLoader per Natale? L'hacking per PSP ha ripreso a vivere. Adesso, è tutto in mano ai coder.

http://img2.pspgen.com/0401B000F500343280.jpghttp://pspgohacks.com/wp-content/uploads/2010/12/PSP-Go-6.20-TN-HEN-480x342.jpg

venerdì, dicembre 24, 2010

Mi allontano dal futuro per tornare al presente...

Dopo molto tempo Akira lascia lo spazio a Brian. In questi giorni il mio blog sembra aver avuto un solo obiettivo, ossia la pubblicazione del mio romanzo "Un futuro già vissuto", del quale ho da poco pubblicato la dodicesima parte. Avviso prima che la tredicesima sarà online il 27, la quattordicesima il 29 ed il gran finale il 4 gennaio, con la quindicesima ed ultima parte. Ma non finirà lì. Non anticipo nulla, ma la storia non finirà neppure quando vedrete la parola "fine".

E ora, parliamo di Brian. Cos'è successo in questo periodo?
Parliamo di lavoro. Prendiamo 20 film in DVD. Rippiamoli per ottenere 20 DviX, impiegando circa un ora cadauno. Contiamo che alcuni di questi volevano una conversione di 15 minuti. Dopo aver ottenuto i 20 DviX, ho dovuto unirli muxando e convertendo in 10 DVD, 2 DviX per DVD. Per 2 ore a conversione. Se contiamo che ha fallito un quattro volte, capirete il fatto che per 3 giorni non ho dormito. Tutto per avere la cifra necessaria ad acquistare il regalo di mia madre.

Parliamo di svago. Ho ripreso LittleBigPlanet, o meglio dire i suoi DLC. Nonostante l'età, resta sempre un gioco eccelso, che non sfigura di fronte al suo futuro. Sono al 96%, mi manca un tesoro del MGS pack e 3 del Pirates of the Carribean Pack. Certo che prendere l'adesivo di Jack Sparrow, appiccicarlo in due muri e farsi una foto è roba da nerd. Ricordatemi di pubblicarla, voglio che la Spuria lo veda.

Giorgio ha iniziato Assassin's Creed. Remigio ha intenzione di iniziare Assassin's Creed. Io ho ripreso Assassin's Creed, dopo la noia che mi prese due anni or sono. Il II l'ho letteralmente divorato, ma il primo no, troppo noioso. Ma ora, per l'amore della patria, devo vedere come finisce. Non mi reputo un super videogamer, perlomeno non negli azione avventura. Ma se riesco a fare in trenta secondi ciò che altri non riescono a fare in 4 giorni, qualcosa vorrà pur dire. Sì, la chiamiamo esperienza. Sbagliata? Chi può dirlo, sta di fatto che la mia esperienza può servire a molte persone. E questo può bastare.

Non voglio dilungarmi oltre. Dirò solo un'ultima cosa: quando finirò il romanzo con la quindicesima parte, dipenderà dal vostro volere la pubblicazione di un eventuale continuo. Io sono al servizio del pubblico. Come dice Yuna: Gullwings, at your service!

giovedì, dicembre 23, 2010

Un futuro già vissuto, dodecisima parte: matrimonio 2 - vendetta

2011.
Luglio.
20.

Mi sembrò strano, per me, vedere l’altare non da fuori, ma da dentro. Quando ero in Italia, non mi ero mai interessato molto alle ragazze. Anzi, le disprezzavo. Non so bene dire il perché. Forse il mio nome non piaceva. Mi chiamavano “giallinusu” e mi trovavano repellente. Crebbi con questo risentimento verso le donne. Per vendetta, decisi di non frequentarle, decisi di allontanarmi da tutte loro. Il mio amore per la musica mi permetteva di trovare le giuste amicizie femminili, ma senza considerarle tali. Avevo chiaro il concetto di femmina, ma allontanavo quello di donna.

Era la mia vendetta su di loro.

Poi, quando venni in Giappone, i pregiudizi su di me finirono. Ero “giallinusu tra giallinusi”, direbbero le mie ex compagne di classe. Quando cominciai le superiori a 14 anni, però, io avevo questo risentimento verso di loro. Le trattavo male, non davo loro importanza. Finì per non farmi nessun amico. Solitudine rotta il quinto anno, quando conobbi Seyo. Da lì cominciai a riaffiacciarmi. Sicuramente la prima ragazza che ho cominciato ad apprezzare è stata Sairyn. All’inizio l’avevo etichettata come la “ragazza che avrebbe portato lontano da me il mio amico”. Ma poi capì che non sarebbe stato così. Non solo perché era una musicista, certo quello la aiutava a crearsi un luogo particolare nelle mie simpatie, ma poi parlandole, capì che non era la solita ragazza. Capì che non era come quelle che conobbi in Italia. Entrambe erano femmine. Quelle, erano bambine. Lei, era una donna.

Il passo definitivo l’ho fatto quando sono rimasto folgorato da Seiryn. Quel gennaio 2006 rimarrà impresso per sempre nella mente e nel cuore. La prima cosa che notai di lei fu la bellezza. Volenti o nolenti, l’aspetto fisico è la prima cosa che vediamo in una ragazza. E, molte volte, ci fa sbagliare. Ricordo che in quarta superiore, nonostante il mio carattere distaccato, una ragazza si avvicinò a me. Il suo aspetto fu la prima cosa di lei a parlare, e parlava molto bene. Se una diciassette è fatta bene, un altro diciassettenne può resistere solo con un’enorme forza di volontà. Ma appena cominciò a parlare, capii che era solo bellezza. Un recipiente vuoto. Un sepolcro imbiancato. Un gioco con sola grafica. E potrei continuare insultando quell’oca a più non posso. La mandai con poche parole in giapponese, ma dietro le dissi vari insulti in italiano. Giusto per non fermare quella mia vendetta.

Ma Seiryn era diversa.

Lei amava la musica. Studiava il basso. Studiava canto. Aveva già una voce divina che intendeva migliorare. Quando parlavo con lei mi sembrò di aver conosciuto solo una parte delle donne, e che questa fosse gelosamente custodita. Il mio parlare la divertiva, e viceversa. Stavamo bene insieme.

Dopo l’aspetto, la seconda cosa a parlare è il carattere. Ma il fatto che sia il secondo implica automaticamente che la sua parola è molto più potente dell’aspetto.

Ero completamente andato per lei. L’amore riesce a distruggere tutte le concezioni positive che riusciamo a farci su noi stessi. Diventiamo degli ebeti, dei deficienti. Nel mio paese d’origine, ricordo che molti diventavano tali per via di 22 miliardari che seguivano una palla con l’intento di farla entrare nella rete avversaria senza l’aiuto delle mani. Magari, c’è un’amore particolare per quella palla. Ma non penso possa esserci amore vero per un oggetto inanimato.

Ricordo che un giorno cercai qualcosa sull’amore, quel sentimento strano che provavo per un mio simile.
Trovai un sunto scritto da un saggio dell’800, il dottor Gorudon. Vediamo se riesco a ricordarmi qualcosa…
“Esistono tre tipi di amore: erao, fileo e agapeo”
Così sembravano il nome di tre fratelli greci, più che i significati d’amore.
“Erao, da cui deriva eros, rappresenta l’amore sensuale, instintuale, il più basso”
Il più basso. Eppure molti trovano questo tipo d’amore l’unico. Povera gente. Se provano loro questo tipo di amore per quel pallone, posso solo compatirli.
“Fileo, da cui deriva filo, rappresenta l’amore di “amicizia”, predisposizione positiva verso una persona o situazione. Tipico amore tra consanguinei o tra amici profondi.”
Probabilmente quello che provavo per la mia band eccetto Seiryn. Li filiavo tutti. Ah ah ah, era bello inventare termini su quella lingua strana.
“Agapeo indica l’amore spirituale, amore verso lo Spirito e tra persone che hanno superato eros e fileo.”
Un’amore superiore. Un vero amore. Era concesso a noi umani raggiungerlo? Io, almeno, pensavo di averlo raggiunto.
Il sunto finiva con una nota.
“Legg. I Corinzi XIII”
Sicuramente era una delle sottosezioni del libro lasciatomi dai miei genitori. Ai tempi non lo presi. Ma forse è giunto il momento di prenderlo, proprio adesso, giusto pochi minuti prima dal matrimonio.

Lo lessi.

Piansi.

Le parole erano meravigliose, toccavano profondamente il mio animo. Ero pronto a dare un vero agapeo alla donna che amavo?
Si, lo voglio.

Mi incamminai verso l’altare. Erano le 15.50. La sposa era attesa per le 16.00. Sperai che non ritardasse come fece all’epoca sua sorella.

Ma la mia Seiryn non mi fa mai attendere molto. Alle 16.10 la marcia nuziale annunciava l’ingresso della sposa.

Avevo chiesto appositamente che il tragitto della sposa durasse almeno cinque minuti. Gli altri non capirono perché. La vera motivazione era semplice: volevo abituarmi alla bellezza che sarebbe entrata da quella porta.

Ma quando entrò, mi accorsi che sbagliai.
Cinque minuti erano troppo pochi.

Mentre entrava lentamente e camminava verso l’altare, cominciai a sentire tutti i rumori in maniera distorta. La marcia nuziale non la sentivo quasi più. Un flebile signor Akai che urlava “Quella è davvero la mia bambina! Non guardatela con quegli occhi sennò brucerete tutti all’inferno!” lo sentivo sempre più distante. Sentivo solo i suoi passi. Il suo respiro. La nostra vita unirsi.

Finché a metà del tragitto non sentii nuovamente quella voce.
LA STAI UCCIDENDO.

Aprii gli occhi, mi girai intorno, non c’era nessuno. Nessuno mi aveva parlato. Era la mia mente? Forse si rifiutava di sposarsi con tale creatura che accecherebbe il ceto medio della popolazione terrestre?

La presi come una voce assolata, e la ignorai.

Una volta arrivata all’altare pure lei, si sedette. Ed il prete cominciò con le sue solite funzioni.

“Oggi voi siete qui riuniti…”
Bla bla bla
“Vuoi tu, Shiteru Seiryn, nata il 5 gennaio del 1990…”
Pure la data di nascita? Perché?
“…figlia di Shiteru Akai…”
Lì capii il perché. Mi venne spontaneo chiedermi come mai con la figlia maggiore non lo fece.
“…prendere come sposo il qui presente finché…”
Bla bla morte malattia, facemu conna, si diceva dalle mie parti.
Tre parole semplici uscirono dalla sua bocca.
“Sì, lo voglio”
Il prete si girò verso di me.
“E vuoi tu, Farey…”
Alla pronuncia del mio cognome, il prete si bloccò. Tutti si bloccarono. Solo una voce urlò da lontano. Solo una persona poteva essere.
“Ancora con questo Farey? ANCORA FAREY??? TU SEI UN LEGATO, ESATTAMENTE COME ME!!!”
Era lui, il vecchio che viaggiava nel tempo.
“Come…come fai a bloccare il tempo??”
“Bloccarlo? Non è affatto bloccato. Il tempo si muove. Siamo noi che ci muoviamo in una linea temporale che è ferma. E poi torneremo di nuovo in quella normale. Non è bello? Puoi farlo pure tu. SE NON RINNEGASSI LE TUE ORIGINI!!!”
In effetti, di essere era bello. Ma non tanto da giustificare l’interruzione del matrimonio.
“Sblocca tutto!!! Non rovinare questo giorno! Chi sei tu, per fermare il giorno più bello della mia vita?”
“E chi sei tu, per fermare i Legato? Ma sì, sposati. Avrai un figlio maschio e la dinastia continuerà, come è sempre successo. AH AH AH!!!”
Mentre una risata maligna gli faceva da colonna sonora, scomparì nel nulla. Sicuramente, era andato nel futuro.
Il tempo ritornò a scorrere normalmente.
“…Akira, prendere la qui presente in salute…”
Bla bla bla.
Avrei detto solo sì? Certamente no. Anche se ero ancora nervoso per via dell’incontro col vecchio legato ai Legato, presi il microfono.
“Molti diranno che questo è un gesto teatrale. E probabilmente lo è. Mi ricorderanno come un buffone che fece un discorso lunghissimo il giorno del suo matrimonio. E lo ricorderanno in maniera negativa. Ma non c’è nulla di negativo nell’ampliare il banale “sì” lasciatoci da tempo. Lo scopo della domanda del prete è dare conferma a voi, a Seiryn e a me stesso della mia scelta. Volete sapere qual è la risposta? La risposta è:”
Mi alzai in piedi.
“SI’, PERCHÉ TI AMO, SEIRYN SHITERU! PRENDI IL MIO COGNOME E VIVI INSIEME A ME, PER SEMPRE!!!”
Pensavo fossero parole scontate. Ma gli ospiti cominciarono ad applaudire in una maniera da far impallidire il pubblico del tour. Il signor Akai cominciò ad urlare le sue solite frasi sconnesse “Quello è mio figlio!!! MIO FIGLIO!!”. Ma una sola parola mi interessava. L’ultima parola del prete.
“Akira, Seiryn. VI DICHIARO MARITO E MOGLIE.”
“Lo sposo può baciare la sposa.”
Sotto gli applausi rinnovati degli ospiti, del signor Akai, di Seyo, di Izuru, di Sairyn, di Seika e di Gikam, baciai per la prima volta Seiryn Farey. Creando il momento più bello della mia vita.

Andammo al ristorante circa un’ora dopo la fine della funzione. Appena arrivati, il signor Akai diede un microfono a Seiryn. Forse, doveva dirmi qualcosa. La platea stese in silenzio.
“Dimmi se riconosci queste parole…”
Un quiz. Aiuto. E se sbagliavo? Chiedeva il divorzio?
“Se un solo desiderio mi è richiesto, lasciami dormire vicino a te. Qualunque posto va bene.”
Sorrise. E sorrisi pure io. Era l’inizio della nostra canzone. Replicai dicendo “It’s only love”.

Ma non era solo quella la sorpresa.

Sentii il suono di una batteria in lontananza. Mi girai e vidi Gikam sopra il suo strumento. Ma non solo lui. Seyo era alla chitarra, Seika alla tastiera e Sairyn al mixer. Un microfono era al centro, che fu raggiunto lentamente da Seiryn.
“Ed ora, per mio marito…canterò una canzone! La nostra canzone! Beautiful World!”
Cominciò a cantare, sotto gli applausi di tutta la gente. Solo il signor Akai lo vidi allontanarsi poco dopo l’inizio della canzone. Mi sembrò strano che non stette lì a supportare la figlia. Io, invece, la ammiravo.

Avevo deciso di vendicarmi sulle donne. Loro si sono vendicate facendomi capire che avevo sbagliato tutto. Ora, ero anch’io un uomo vincolato ed innamorato.

[Il signor Akai non si allontanò senza un motivo. Si trovava nel bagno del ristorante, mentre sputava sangue nel lavandino. Emise una flebile risata, ma non una di quelle alla quale ci aveva abituati. Bensì una risata di sconfitta. S’accasciò a terra dicendo che, ormai, un anno sarebbe stata troppa grazia. Dopo essere stato a terra per tre minuti circa, si alzò, si sciacquò la bocca e tornò a festeggiare coi suoi parenti.]

FINE DODICESIMA PARTE.
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

martedì, dicembre 21, 2010

Un futuro già vissuto, undicesima parte: un passato da scoprire

Il matrimonio era, finalmente, passato. Seyo partì per un viaggio di nozze intorno al mondo. La casa era così vuota quando Seiryn era a lezione di basso. Non che venisse ogni giorno da me, sia chiaro. Però sentivo la solitudine attanagliarmi e rigirarsi dentro me. Una parte di me voleva imparare ad andare nel futuro. Mi alzai e mi concentrai a più non posso. Prima di andare nel futuro, sicuramente mi sarebbe scoppiata qualche vena nella fronte. Cominciai a pensare alle emozioni che provavo. La prima volta…stavo parlando coi miei genitori. La seconda volta, dormivo. In effetti, ricordo di essere andato a letto vestito e di essermi svegliato col pigiama. Questo vuol dire che qualcuno, suppongo mia madre, mi avrà cambiato mentre dormivo. Ogni volta che viaggiavo nel tempo, avevo sempre vicino un parente. Ma allora due viaggi ancora non mi spiegavo. Quello quando sono andato avanti fino al 4, per poi tornare al 3, quando svenni per le vie di Tenkaichi Street. La seconda, invece, è stata al concerto. Quando quel vecchio mi ha trasportato.

Che sia un mio parente??

Feci uno schema mentale dei miei parenti. I miei genitori materni erano da escludere, visto che quell’uomo mi parlò della “Dinastia dei Legato”. Che poi che dinastia vuoi che si abbia, se abbiamo cambiato pure cognome. Mio padre era figlio unico. I suoi genitori morirono quando era ancora piccolo, e fu accudito da un suo zio. Ora che ci penso, mi disse che pure il nonno era figlio unico. Tutti i Legato maschi erano figli unici. Forse era questa la famosa dinastia. Ero destinato ad avere anch’io un solo figlio maschio?

Magari non ne avrei avuto neanche un figlio. Mai sopravvalutare il destino.

A parlare di figli unici e parentele, cominciai a pensare che forse era meglio preparare qualcosa per il mio, di matrimonio. Al signor Akai tutti questi matrimoni ravvicinati dovevano costare pur qualcosa. Doveva avere un fondocassa invidiabile. Avevamo già deciso pure la data. 20 Luglio 2011. Non mi importava che ci fosse l’estate, il mare, e così via. Mi bastava avere il mio gruppo. E sì, pure Izuru, almeno Seika avrebbe fatto la brava. Pensai di non avere molti amici all’infuori del gruppo. E non è che andavo creandomeli. Pure il figlio di Kuroi, quel bassista che aveva suonato con noi, dopo il tour non l’ho più sentito. Forse mi bastava quello che avevo. Forse imparavo ad apprezzare le piccole cose. O forse, come mio padre, non volevo creare legami all’infuori della band.

Seyo tornò dalla luna di miele per gli inizi di marzo. Seika era impegnata con lo studio, doveva dare gli esami di maturità a giugno, quindi non poteva assentarsi più da scuola dopo il tempo perso per il tour. Eppure per il talento che ha col piano, dovrebbero darle una borsa studio.

Questo mondo non riconosce mai i giusti meriti.

Gikam era sempre in giro, quando non era impegnato con la band stava a casa ad accudire la madre. Nonostante l’aspetto, era molto protettivo nei confronti della famiglia. Un figlio vuole sempre bene alla madre.

A tal proposito, ripensai a quella lapide che vidi nel futuro. La notizia ancora non l’avevo comunicata ai miei amici. Non ne sentivo il bisogno. O forse, avevo solo paura delle loro reazioni. Era una notizia tragica, in fin dei conti. E non mancava neanche molto tempo. Forse, dovevo intervenire per cambiare qualcosa.

Ma cosa dovevo fare, sfidare la morte? Sfidare il futuro?
Non mi sembrava il caso.
Chiusi gli occhi, tentando di riposarmi.
Vidi una macchina in fiamme.
Li riaprii.
Avevo dimenticato la crudeltà di quelle immagini. Quella ragazza così simile a Seiryn in tutto, che moriva tra le mie braccia. Poteva pure essere lei con le lentine adatte. Ma forse cercai di rifiutare questa mia idea con tutto me stesso.

Quindi, mi addormentai.

Il tempo passo velocemente. Diedi la partecipazioni a tutti l’8 aprile, mentre festeggiavamo il 19esimo compleanno di Seika. Aveva un aspetto bellissimo, maturava sempre meglio. Era davvero un dono della natura quella ragazza. Ed era ancora giovane.

Quando siamo giovani, ci sentiamo di poter conquistare il mondo. Ogni secondo che passa, il mondo ci sfugge.

I preparativi erano quasi pronti, mancavano solo le ultime ufficializzazioni. Chi dovevo invitare? Ovviamente il gruppo. Ma oltre loro non avevo realmente nessuno. Cercai di avvisare qualche parente. Ovviamente materno, data la stirpe paterna unica che avevo. Chiamai ai miei pro-zii, quello che avevano accudito mio padre nella sua fanciullezza. Forse, più per curiosità che per altro.

“Pronto…sono Akira…”
Le presentazioni durarono più del necessario.
“Mio padre mi ha parlato molto di te…dato che tra tre mesi mi sposo, volevo invitarti con la famiglia”
Mi sentii un’ipocrita in quel momento. Non avevo mai visto questa mia prozia, eppure dovevo invitarla.
“Scusami, perché mi chiami tu che neanche mi conosci? Passami a tuo padre, ragazzo!”
L’ignoranza può far dire frasi tremende.
“Mio padre è morto più di cinque anni fa, signora. È ovvio che se fosse stato possibile le avrei fatto chiamare da lui.”
“Cosa? Morto? Kiiro??”
Sembrò scioccata.
“Qui c’è lo zampino di quel pazzo di Stefano. Com’è morto?”
Chi era Stefano??
“Incidente aereo, mentre tornava in Italia.”
“No, allora non può essere stato lui…perdonami, figliolo, ma penso sia totalmente inutile che io venga al tuo matrimonio. In fondo neanche ti conosco. Volevo molto bene a tuo padre, ma io mi sono fermato a prima che entrasse nel suo gruppo, poi le nostre strade si sono separate.”
“…ok. Arrivederci.”
In effetti fu sollevato da quella risposta. Non toccai più l’agenda di mio padre per cercare altri numeri, non volevo far ancora la parte dell’ipocrita. Gli invitati li avrebbe portati Seiryn.

Erano i primi di Agosto quando il signor Akai decise di invitarci tutti a casa sua. Diceva che doveva fare un annuncio importante. Con quel caldo, potevamo anche andare al mare a parlare, volendo. Prima di parlare ci diede un po’ di tempo per parlare tra di noi. La chiamava “comunione fraterna”. Usai quel tempo per parlare con Seiryn, in privato.

“Il grande giorno si avvicina, vero? Non sei emozionato?”
“Emozionato è una parola che non rispecchia lo stato del mio animo. Al confronto, il tour è stato una bazzecola. Stiamo unendo le nostre vite. Stiamo…”
Un pensiero entrò nella mia mente. TI STO UCCIDENDO.
“…che c’è, Akira? Qualcosa che non va?”
“No…nulla. Dicevi?”
“Veramente stavi parlando tu. Mi raccomando, fai un discorso bello come quello che hai fatto al matrimonio di mia sorella, ok?”
“Contaci. Quelle parole erano dettate dall’amore che avevo nei loro confronti. Pensa che parole possono uscire se sei tu ad ispirarmi.”
“Ah ah ah, smettila di fare il poeta, mi fai impressione!”
In effetti, quando mi sentivo, mi facevo schifo da solo.
“Ok, usciamo la parte rude. Donna, sai per quale motivo il tuo babbo ci ha chiesto di incontrarci?”
“Certo che lo so! Ma non te lo dico!! Lo scoprirai a breve, nel futuro prossimo!”
Se avessi saputo come usare i miei poteri, l’avrei scoperto prima di “a breve”.
Ma il futuro prossimo era davvero prossimo. Il signor Akai ci chiamò. Scoprii molto dopo che in realtà avevo velocizzato il tempo per far si che venisse quel tempo.

“Ladies and gentleman (sempre con inglese pessimo)…siamo qui per celebrare due grandi eventi. Il primo, come ben sapete, è il matrimonio della mia seconda figlia, Seiryn, col qui presente Akira. Quando eravamo giovani, io e Jun decidemmo di non far sposare le nostre figlie per preservarle dal male di questo mondo. Ma abbiamo capito che non potevano vivere senza amore.”

E certo, papà. Meglio amare il nulla che odiare tutto.

“…e oggi posso dire di essere FIERO di avere questi due generi che in primo luogo amino le figlie, in secondo che amino la musica, e in terzo che amino la vita!!!”
Non capii molto il terzo punto. Ma era euforico, quindi non c’era motivo di contraddirlo.
“E questa è la prima notizia. La seconda…ti prego, Sairyn, vieni qui accanto a me…Vedete questa pancia? Ebbene, qui dentro c’è il MIO PRIMO NIPOTE!!!!”
Rimanemmo tutti stupiti, eccetto chi ovviamente lo sapeva. Sarei diventato zio. Che poi ragionandoci non diventavo affatto zio, ma era come se lo fossi.
“È rimasta incinta intorno ad Aprile, quindi dovrebbe partorire nella metà di Gennaio. Hanno anche già deciso il nome. In caso fosse femmina, lo chiameranno Jun. E se nasce maschio, lo chiameranno come il suo amato nonno!! Ah ah, Akai Karasu! Suona benissimo!!”
Forse per questo parlava di amare la vita, ed era così euforico. La serata continuò parlando di quando dovevamo riprendere il lavoro. Il signor Akai mi disse che potevo tornare a comporre non appena tornato dalla luna di miele. Avevo già parecchie idee, mi mancava solo di concretizzarle.

Ma fino al 20 luglio, non ci pensai.

Il giorno era giunto. Il tour magari mi avrà provato psicologicamente per sei mesi, questo mi proverà per tutta la vita. Era giunto il momento che i Farey si espandessero.

Era giunta l’ora che io mi sposassi.
Tsè, ne parlo come se fosse un lavoro. Dovevo sciogliermi, divertirmi.

Ragazzi, mi sposo!!!

FINE UNDICESIMA PARTE.
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

domenica, dicembre 19, 2010

Un futuro già vissuto, decima parte: il matrimonio

La pioggia del futuro mi sembrava diversa. Meno forte, ma più insistente. Come qualcuno che ti bussa nella mente lentamente, ma inesorabilmente.

Non la tolleravo.

Non riuscivo ad uscire dal cimitero, non c’era verso di abbandonare quel luogo. Se non ci fosse stato quel tempaccio avrei fatto una fotografia alla lapide del Legato lì seppellito. Forse sarebbe stato meglio dissotterrarlo per capire chi era. Ma forse sarebbe stato ancora meglio lasciar perdere.

Il cimitero, visto da fuori e sotto il sole, sembrava piccolo. Da dentro e con quel temporale, era enorme.

Dopo trenta minuti sotto quella bufera, mi fermai. Stanco. Avvilito. Presi il telefono. C’era una ricezione pessima. Composi il numero per casa mia, senza pensare completamente che ero in un’altra linea temporale.

Era un uomo. Con una voce abbastanza rude. O ero io, o la mia futura moglie mi aveva tradito.
Mi rispose in maniera strana. Forse perché compariva il suo numero. Forse perché lui a suo tempo aveva fatto la stessa identica cosa. Forse perché…boh, che ne so, so solo che attaccai, mi sedetti in quel prato bagnato e calai la sguardo.

Fu allora, che la vidi.

Vidi quella lapide, quel nome, quella data. Non potevo crederci. A differenza di quella del Legato incognito, il nome e la data erano belli visibili. Fissai a lungo quella lapide, quel certificato di morte indiretto. Non mi importava del temporale. Dovevo fotografare quella lapide. Ma non ci arrivai.

Mi ritrovai a casa mia, col telefono in mano a scattare il mio letto. Letto bellissimo, per carità, ma non così tanto da meritarsi una fotografia.

Mi sedetti al bordo del letto, con la mano sulla fronte. Ero stato testimone indiretto di due morti. Ma la seconda mi aveva scosso molto di più. Nonostante tentai di negare con tutto me stesso quella visione, non potei negare che il mio telefono aveva tra le ultime chiamate una chiamata indirizzata per casa mia. Tentai di giustificarlo dicendomi che nel sonno potevo aver provato a fare una chiamata a me stesso. Risi per quella ridicola spiegazione che provavo a darmi, e mi addormentai.

Forse dire che mi addormentai è un eufemismo. Pensai alle mie vari visioni. A conti fatti, la prima che avevo avuto parlava della morte dei miei genitori. La seconda, era quella dell’eredità.

Ma certo, l’eredità!!

Cercai quel biglietto per tutta la casa, quella busta con scritto eredità. La trovai, aperta, ma vuota. Non c’era niente all’interno.
Papà, cosa mi avevi lasciato, in eredità? La scoperta della morte dei miei cari?

Mi ributtai nel letto nuovamente deluso dal fatto che nessuno riusciva a rispondere alle mie domande. Pensai che forse dovevo parlare con Seiryn della mia scoperta. Ma sarebbe stato inutile. Al novanta percento non mi avrebbe creduto, mentre per il restante dieci percento l’avrei solo messa in agitazione. Decisi di stare zitto. Di tenere quell’enorme peso sulle mie spalle.

Forse, la pausa decisa dal signor Akai è stata provvidenziale.

[Allontaniamoci un attimo dall’io narrante di Akira per spostarci nella prigione della città dove si svolgono i fatti odierni.

L’uomo col mantello Legato stava parlando con l’ispettore che l’aveva tenuto dentro per più di trent’anni in galera. Sembrava una discussione amichevole.

“Allora, caro Legato, cosa ti porta qui? Ormai il tuo tempo l’hai scontato, non puoi più far male a nessuno.”
“Ha davvero ragione, ispettore. Ma mi permetta di chiederle che ore sono.”
“Che domanda strana…sono le 13.45.”
“Ok, attenderemo insieme le 13.50. Nel frattempo, voglio che lei mi dica cosa pensa di me. Mi ha tenuto d’occhio per più di trent’anni, un’idea su di me ce l’avrà.”
“Strano che dopo 10 anni dal rilascio vieni adesso a chiedermi questo. Posso chiederti il perché?”
“Perché ho trovato una persona che, forse, seguirà le mie orme. A tal proposito voglio sapere cosa penserà di lui già adesso. Il futuro è fondamentale, per me.”
“Ma sì, perché no. In realtà, le devo dire che io credetti a lei, credetti quando disse che fu un incidente. Non tanto per le prove da lei portatemi, ma per la sincerità con cui la disse. So riconoscere un cuore che mente ed un cuore sincero. Solo, come ben sa, tutte le prove erano contro lei. E quindi la presi in custodia per cercare un modo di scarcerarla, ma niente. Poi lei continuava a peggiorare la situazione, quindi è rimasto qui più tempo del normale.”
“Come sospettavo. In tutto questo tempo, lei è stata l’unica persona onesta con me. Per questo adesso io sto parlando con lei. Ma ormai mancano 10 secondi all’orario da me concesso. Attendiamo insieme. 9…8…”
L’uomo continuò a contare lentamente e sorridendo. Allo scadere del conteggio, l’ispettore fece un sobbalzo di terrore. Due ispettori senza vita brutalmente squartati vide spuntare improvvisamente dinanzi a sé. L’ispettore si alzò. Pure Legato si alzò, cominciando a ridere.
“Come…come hai fatto??”
“Ah ah ah ah…ah ah ah ah…AH AH AH AH!!!”
La sua risata faceva già capire il perché quell’uomo fosse rimasto tanto tempo in galera.
“Ho deciso di risparmiare la tua vita e di dirti la verità, ispettore. Io posso viaggiare nel futuro. Andare avanti, capisci? Posso decidere l’intensità dei miei spostamenti. Semplicemente, ho piazzato quei due poliziotti là alle 13.50, circa un’ora fa, in modo che nello spostamento temporale comparissero istantaneamente. Comprendi? No, non importa. Ma sappi che alle 14 l’intero dipartimento di polizia andrà in fiamme. Non ci sarà nessun sopravvissuto. Nel mio futuro morivi pure tu, ispettore. Vediamo se le mie parole basteranno a salvarti la pelle.”
L’ispettore era indeciso tra il prendere la sua pistola o cominciare a correre. Decise di mettere la sua vita a rischio per il senso del dovere. Puntò l’arma verso l’ex detenuto, che da quel momento in poi era ridiventato un ricercato.
“Pessima scelta, ispettore. Non voglio sentirti dire che non ti ho dato una seconda scelta. Ma non è un problema che mi pongo. Tra trenta secondi non ci sarà più domanda che tu potrai porre.”
“AH SI’? VOGLIO VEDERE COSA MI SUCCEDERÀ TRA TRENTA SECONDI! TU SEI SOLO UN UOMO! TU SEI SOLO UN CIARLATANO! TU SEI SOLO…”
I trenta secondi erano scaduti. Un colpo di pistola sparato dal nulla colpì l’ispettore nella parte sinistra della sua tempia, facendolo morire sul colpo. Il vecchio ricercato, quindi, piano piano cominciò ad allontanarsi dalla centrale, che alle 14 in punto prese fuoco, ridendo sontuosamente e sussurrando qualcosa sul fatto che nessuno poteva fermare la Dinastia dei Legato.

Ritorniamo ad Akira.]

I telegiornali parlavano di attentato terroristico. Anche se non mi interessava più di tanto, erano ugualmente persone che avevano perso la vita e che avevano lasciato mogli e figli. Ma non me ne curai, il mio interesse in questa notizia non cambiava il mio mondo, ed io avevo un altro pensiero.

Mia cognata ed il mio migliore amico stavano per sposarsi.

Persino il pensiero delle due lapidi scomparii, non volevo che intaccasse la mia vita. Non volevo che altre persone soffrissero per me. Quello doveva essere un giorno di festa.

Dopo un’augurio postumo a mio padre, cominciai a prepararmi per la festa. Non avevo molto gusto nel vestire e Seiryn doveva giustamente aiutare la sorella. Avevo comprato un vestito qualche giorno prima, ma non avevo idea di come si inserisse. Meno male che vennero Seika e Gikam ad aiutarmi, sennò sarei stato il testimone principale senza un abito adatto.

Arrivai in chiesa per le 15.30. Il matrimonio doveva essere alle 16, teoricamente. Seyo era già lì, insieme ai suoi genitori ed il fratello, seduti rispettivamente nei posti dei genitori e nei testimoni. Gikam e Seika si sedettero pure nel posto dei testimoni, mentre io scambiai due parole con Seyo. Gli dissi che volevo fare un discorso prima che la funzione iniziasse. Si sentì onorato.

La sposa arrivo alle 16.45 col padre e la sorella. Solitamente si guarda la sposa, si fanno i complimenti, e così via. Ma non potei fare a meno di ammirare la sorella della sposa. Era più bella della sposa. Era più bella di qualunque donna in questa Terra. Pensai con un po’ di piacere che quell’intero corpo in futuro, sarebbe stato mio. Ma poi mi ripresi dicendomi che ero fortunato a possedere il privilegio di stare accanto a quella donna così bella, così intelligente e che condivideva appieno il mio sogno.

Entrammo tutti in chiesa, e ci sedemmo nei rispettivi posti. Il signor Akai e i genitori di Seyo erano piazzati nell’ala genitori. Io, GIkam e Izuru eravamo nell’ala testimoni dello sposo. Seiryn e Seika erano nell’ala opposta. Seyo e Sairyn, ovviamente, erano piazzati nell’ala sposi.

Era bello definire ogni luogo come un’ala.

Quando il prete cominciò a chiedere se qualcuno volesse dire qualcosa per gli sposi, mi alzai.
C’era molta gente che mi guardava. Ma dopo l’esperienza al concerto, non mi impressionavo più di nulla.

“Molti di voi mi conosceranno. Sono Akira Farey. Oggi 19 febbraio 2011, sono qui presente per festeggiare. Sono nato in Italia, e mai avrei pensato che oggi mi sarei ritrovato in Giappone per festeggiare. Ho conosciuto questo ragazzo all’ultimo anno delle superiori, e questa ragazza l’anno successivo all’università. Siamo diventati amici, e pure parenti. Ma oltre tutto questo, siamo diventati colleghi. Compagni. Fratelli. Abbiamo pianto sulla stessa sofferenza. Abbiamo riso sulla stessa gioia. E oggi, quello che prima loro due facevano separamente, lo faranno insieme. Ho seguito l’innamoramento di Seyo quando era un ragazzino cotto di una ragazza universitaria. Era davvero buffo, ah ah! Ma guardatelo adesso. È un uomo serio, disposto a rendere felice la donna che ama. Disposto a dividere la propria vita con la sua. E so che anche Sairyn farà lo stesso per suo marito. Quest’unione sancirà un nuovo inizio. Seyo Karasu, Sairyn Shiteru. Io, dall’alto della mia amicizia nei vostri confronti, vi dichiaro marito e moglie!!!!”
Un applauso condì il mio discorso finalizzandolo. Il prete stesso mi disse che non c’era più bisogno di salire, che avevo fatto tutto io. Poi salì ugualmente per la funzione religiosa, ma il mio discorso aveva toccato Sairyn, tanto che cominciò a piangere. Quando la funzione finì e andai a salutarla, mi abbracciò come mai aveva fatto. Non avevo mai avuto un rapporto strettissimo con mia cognata, eccetto che per lavoro. Ma sapevo che quelle parole l’avevano commossa, e mi ringraziò dicendomi che conoscermi è stata una delle cose più belle che le sia capitata in vita, e che molto probabilmente se non fosse stato per me oggi non si sarebbe sposata.

Forse è vero. Sono riuscito a modificare il futuro di Sairyn. Magari sarebbe andato tutto nello stesso modo. Fu io a spronare Seyo ad andare all’università. Boh, inutile fare dietrologia. Posso andare nel futuro, mica cambiare il passato.

Al ristorante, ovviamente, non potevamo stare lontani dalla musica. Io, Seiryn, Gikam, Seika ed un inedito Izuru alla chitarra, con ovviamente Akai al mixer, cominciammo a cantare la canzone d’amore che avevo composto appositamente per loro. Mi aveva detto Seiryn di fare qualcosa di carino. E mi sembrò di raggiungere l’obiettivo.

Quel 19 febbraio del 2011 fu segnato nel mio calendario dei giorni felici. Tornai a casa distrutto, ma soddisfatto. Seyo e Sairyn avevano trovato una casa appena qualche chilometro distante dalla casa del signor Akai. Era stato il regalo di matrimonio del padre della sposa. Cominciai a pensare che il signor Akai si caricasse di troppi debiti. Ma non volli pensare troppo, magari aveva ricevuto altri soldi per lavori che non sapevamo. So solo che, quella notte, dormii sereno. Lontano dal lavoro, lontano dai pensieri, felice di sapere che due miei grandi amici avevano unito la loro vita e, in futuro, che avrei fatto anch’io lo stesso con la donna che amo.

FINE DECIMA PARTE.
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

venerdì, dicembre 17, 2010

Un futuro già vissuto, nona parte: anno nuovo, vita vecchia

[Primo gennaio 2011.

In un quartiere limitrofo a Tenkaichi Village, dentro una casa, si festeggia un compleanno.

Un signore anziano che sembra festeggiare con due poliziotti.

Spegne delicatamente le candeline raffiguranti il numero 72. Era ormai diventato vecchio, la forza che aveva in passato l’aveva persa.

Avrebbe detto un esterno.

Mentre si alza, urta involontariamente il tavolo, facendo cadere supini due poliziotti.
Privi di vita.
Sanguinanti.

Il vecchio, ridendo, prese il suo mantello bianco con l’ideogramma dei Legato urlando ai due poliziotti senza vita che non avrebbe passato un secondo di più in prigione.

Ritorniamo alla narrativa di Akira.]

Ci svegliammo così come ci eravamo addormentati, eccetto il signor Akai che era già andato via. Non avevo idea di dove fosse andato, di certo non al lavoro il primo gennaio. In me sentii il desiderio di andare a cercarlo, ma non volevo alzarmi rischiando così di svegliare la meravigliosa creatura che poggiava delicatamente la sua testa nel mio petto. Anche se, a conti fatti, volevo alzarmi sul serio. Quindi cominciai a chiamarla pian piano. Anche perché già erano le 15.

“Seiryn…Seiryn…sveglia…è tardi…sveglia…E SVEGLIATI!!!”

Non sono mai stato famoso per la mia pazienza, anzi Seiryn con tutta la sua pacatezza mi ha calmato parecchio. Anche se non abbastanza.

Quell’urlo svegliò tutti i presenti. Penso che una persona normale si sarebbe sentita in colpa, io invece diedi a loro la colpa della loro pigrizia.

Bisogna sempre trovare il modo di girare a proprio favore la situazione.

Si svegliarono tutti, eccetto Seika che fingeva ancora di dormire nelle braccia del suo amato Izuru. Che si alzò di scatto appena vide l’orario, facendo cadere la nostra povera pianista rovinosamente a terra. Meno male che cadde di testa. Se fosse caduta rovinandosi le mani, avrei ucciso personalmente Izuru.

“WAAAAA MA È TARDISSIMO!!! Ma tuo suocero perché non mi ha svegliato! Tra un’ora parte l’aereo per l’America!!! Non arriverò mai in tempo! Seika, dammi una mano a…”

Mentre Izuru faceva il suo disparato elenco di cose da portare in America, io e Seiryn cominciammo a parlare dei propositi del nuovo anno, e del suo compleanno. Tra quattro giorni sarebbe diventata una ventunenne. In questo paese, diventare ventunenni vuol dire diventare maggiorenni. Vuol dire potersi sposare. Seyo aveva già data e tutto. Io ne avrei parlato con Seiryn non appena fosse diventata maggiorenne. Fino ad allora, avrei resistito.

Izuru se n’era andato, Seika cominciò a suonare una triste melodia che fece calare una depressione eterea sul gruppo. Gikam, di contro, cominciò a suonare una base jazz come accompagnamento. Cominciai a pensare di essere in mezzo ai pazzi.

Dimenticando che il pazzo per eccellenza ero io.

Nel frattempo tornò il signor Akai. Aveva con sé alcune buste della spesa. Viva gli uomini single casalinghi, direbbe una donna quarantenne.

Mangiammo noi 7, come un’allegra famiglia.
Anche se la mia famiglia biologica era morta, potevo vantare di avere una famiglia musicale che amavo, e che mi amava.

Il signor Akai comprò del Sushi di pregiata fattura per festeggiare la conclusione del tour, oltre che per il compleanno del genero e della figlia, anche se anticipatamente.

Mentre eravamo in procinto di assimilare quella prelibatezza per il palato, il signor Akai cominciò a parlare di lavoro. Questo non ci impedì di mangiare contemporaneamente, dando vita ad un pranzo degno dei peggiori animali dei quartieri malfamati. Come quel quartiere vicino al mio.

“Allora, ragazzi, per prima cosa volevo dirvi che siete stati bravissimi. Non dico chi è stato il più bravo perché le mie figlie mi ucciderebbero seduta stante AH AH AH!”
Dopo questa risata, dovemmo aspettare circa cinque minuti perché il signor Akai rischiò di affogarsi col sushi. Dopo averlo riportato alla vita, continuò il suo discorso, cercando di non ridere più.
“Grazie mille, ragazzi, vi devo la vita. Dicevo, che il tour è stato meraviglioso. Non ero così soddisfatto di qualcosa o qualcuno da molto tempo. Spero non vi dispiaccia se vi dico che sarebbe meglio che nel 2011 ci fermiamo.”
Ciò che temevo.
“Sairyn si sposa tra un mese e mezzo, e penso che anche l’altro mio angioletto dopo aver raggiunto la maggiore età penserà al matrimonio. Sarebbe meglio riposarsi e pensare alla vita privata. Nel frattempo, di certo non saremo inattivi. Possiamo diventare più bravi nel nostro lavoro. Possiamo scrivere i testi. Soprattutto tu, Akira. Se è vero che il punto di forza di questo tour è stata la coverizzazione di Show me love, la prossima volta il punto di forza sarà una nuova canzone scritta da te che segnerà la storia del Paese e del mondo.”
Il signor Akai credeva in me. Forse anche più di quanto io stesso credessi in me stesso.
“Se vi doveste preoccupare del fatto che per un anno non guadagnerete nulla, non vi preoccupate. Sono arrivati i guadagni del tour. E sono numeri da capogiro. Questo è l’assegno per ognuno di voi, ovviamente diviso in parti uguali.
Questo, invece, è la fattura totale. La do’ a te, Akira. Sei tu, in fondo, il leader del gruppo.”
Non avevo mai chiesto quanto costava un biglietto per il nostro concerto. Scoprii che costava 3.500 Yen, poco più di 30 euro. Abbiamo avuto la media di 300 persone a serata. TRECENTO PERSONE. Urka. Il calcolo sotto parlava del costo di una singola serata. Veniva un valore arrotondato di 1.050.000 Yen. Più di un milione di Yen. A serata. Circa 9.500 euro. Dato che abbiamo fatto venti tappe, il totale lordo è stato di 21 milioni di Yen, ossia circa 190 mila euro. Di questo dovevamo togliere il 10% per varie spese passate e presenti. 2.1 milioni di Yen da togliere. Rimanevano 18.9 milioni di Yen, ossia poco più di 170 mila euro. Il nostro guadagno netto. Il signor Akai lo divise per 6 persone, il che equivaleva a 3.150.000 Yen a testa, ossia circa 28.000 euro. Mi chiesi come faceva il signor Akai ad aver già i soldi se erano passati solo due giorni dalla fine del tour. Capii molto dopo che in realtà i soldi li aveva anticipati lui, per farci passare meglio quei giorni e non farci preoccupare all’avvenire. Oltre la spesa, quel giorno il signor Akai prese la fattura del tour e si fece fare un prestito. Non capivo il perché di quel gesto. Ma neppure me lo chiesi, lui aveva deciso così ed era un suo diritto il mio rispetto per quella decisione.

Il compleanno di Seiryn non si fece attendere. Passammo un’altra giornata allegra, spensierata. Non pensai più al mio potere di viaggiare nel tempo, anche perché non s’era più manifestato. Forse non mi importava più di tanto. Seyo era sempre più vicino al matrimonio, aveva deciso pure gli invitati. I testimoni, ovviamente, eravamo io ed il gruppo. Suo fratello sarebbe appositamente sceso quel giorno per celebrare il giorno più felice della famiglia. Anche Seika sperava, un giorno, di sposare un Karasu.

L’allegria dei primi 11 giorni di Gennaio sparì il 12.

Dato che ero in pausa mentale, pensavo di allenare almeno il corpo. Mi ero riposato troppo negli ultimi mesi, ed era giunto il momento di riprendersi. Ricominciai ad andare in palestra. Abbandonai il Karate quando entrai all’università, ma tengo ancora fiero la mia cintura marrone quelle volte che uscivo. Prima o poi sarei tornato nel dojo a passare l’ultimo grado.

Cominciai la mia solita corsa intorno al quartiere, ma quel giorno decisi di espandermi un po’ di più, corsi fino all’isolato accanto. Superai il supermercato, la profumeria, il gelataio. Fui tentato di fermarmi al CD store, ma non potevo interrompere la corsa.
Ultime parole famose, perché poi la interruppi ugualmente arrivato al cimitero.
Vidi il signor Akai posare dei fiori su una tomba. Decisi di avvicinarmi a vedere chi stava omaggiando.
Che domanda ridicola.
Vidi il nome “Jun Shiteru” seguito dai numeri “12/10/1963-12/1/1994”
Una vita stroncata a 30 anni. Dev’essere dolorosissimo per un marito e due figlie piccole, andare avanti con il vuoto di una madre dentro sé. Il signor Akai cominciò a parlare. Decisi di interrompere la corsa e di stare ad ascoltarlo.

“Il gruppo si era appena sciolto, tuo padre era ripartito in Italia e io vivevo solo coi soldi rimasti dalle vendite del nostro ultimo cd. Non avevo una casa, non avevo un luogo dove stare. Vivevo insieme a tuo padre in un piccolo casolare, ma quando se ne andò l’affitto scadde e non arrivai a rinnovarlo. Ero solo e abbandonato, ricordo che mi addormentai sotto un ponte. E Jun mi svegliò.”
Il signor Akai cominciò a piangere. Era la prima volta che lo vedevo lacrimare.
“Mi chiese cosa mi era successo. Era una fan degli Slashion. Ricordava ogni canzone, soprattutto quelle scritte da me. Mi portò a casa sua, da suo padre, che era un discografico. Cominciammo a parlare di varie cose. Mi insegnò il mestiere. Morì neanche un anno dopo. Nel frattempo io e Jun ci innamorammo e ci sposammo, dando alla luce Sairyn e Seiryn.”
Il pianto cominciò a diventare un singhiozzo.
“Era il dicembre del 1993 quando le fu diagnosticata una malattia incurabile per il suo fragile corpo. L’unica cura sperimentale era in Italia, dove fu trasferita insieme a Sairyn e sua madre. Io rimasi qui, non potevo lasciare il lavoro che suo padre mi aveva faticosamente trasmesso. In più, dovevo badare a Seiryn. Magari per Sairyn, avendo già cinque anni, stare con la madre era la cosa migliore, anche se in fin di vita. Mentre Seiryn aveva appena 3 anni. Anche se era parecchi legata alla madre, vederla soffrire sarebbe stato per lei un peso troppo grande.”
Il signor Akai sembrò calmarsi. Si asciugò le lacrime e riprese a parlare.
“Il giorno del quarto compleanno di Seiryn, mi arrivò la chiamata definitiva. Mia moglie aveva solo una settimana di vita. Lì, dovevo scegliere. Andare in Italia con Seiryn facendo stare malissimo mia figlia dopo la sua morte, oppure rimanere qui e far vivere la bambina normalmente. Vigliaccamente, decisi la seconda. Parlai con mia moglie per telefono l’11, tutta la notte. Pensavo di aver esaurito tutte le mie lacrime, quel giorno. Invece ne avevo ancora qualcuna, per te.
“Mi scusi, ma…perché le sue figlie non sono qui?”
“Seiryn non ricorda nulla della madre, mentre Sairyn ha ricordi confusi. Non sanno quando è morta e non mi pare giusto avvisarle e farle ricordare una volta l’anno questo grande vuoto che provo io”
Da un lato, era una decisione d’onore. Dall’altra, era una fuga dai problemi.

Abbracciai il signor Akai, quel signore che scherzava sempre, quel mio secondo padre. Aveva bisogno di amore, quello che avevamo portato nella sua vita. Forse per questo era sempre premuroso nei nostri confronti.

Tornai a casa. Pensai che anch’io dovevo affrontare l’appuntamento coi miei morti.

18 giorni dopo, chiesi esplicitamente ai miei amici di non farsi sentire dalle mie parti per tutto il giorno. Per me il 30 gennaio era un giorno particolare. Ogni anno ricordavo i miei leggendo il libro che mi avevano lasciato, quel libro che ogni anno mi incoraggiava. Se non fossi stato pieno di impegni, magari avrei avuto incoraggiamenti maggiori leggendolo ogni giorno.
Dopo pensai che era solo una scusa, che avevo tutto il tempo libero che volevo.

Come ogni anno, leggevo tre capitoli casualmente.

Anno nuovo, vita vecchia.

Prima di leggere, chiedevo al Signore di guidarmi nella lettura, di aiutarmi a capire quello che leggevo. Non volevo che fossero solo parole. Volevo sentire un’amore dentro me. Volevo che non fosse una lettura morta.

Aprì quel libro, dopo un buon quarto d’ora di preghiera unita al pianto.

Forse troppo violentemente.

Cadde una piccola busta. Una busta che era rimasta dentro quel libro per 5 anni. Trovai molto strano che non l’avevo vista per tutto quel tempo. Cominciai ad osservarla. Sul retro vi era scritto Eredità.

Eredità. Ricordo questo momento.

Sognai 5 anni fa di ricevere una busta con scritto Eredità.

Nulla era lasciato al caso.

La aprì. Pensai che, forse, avrei dovuto aprirla molto tempo prima.
Cosa mi avevano lasciato i miei, di così importante?
Un foglio di carta. Che non arrivai a leggere.

Il paesaggio circostante intorno a me cambiò. Il foglio mi cadde dalle mani, e scomparì insieme al paesaggio.

Ancora pioggia. Parecchio pesante.
Era la prima volta che capivo quando finiva il presente ed iniziava il futuro. Almeno, pensavo, facevo progressi.

Riconobbi subito il luogo nella quale ero capitato. Era il cimitero. Certo che sotto la pioggia battente, era completamente diverso.

Camminai un po’ cercando indizi, finché un fulmine non colpì una tomba rovinandola. La osservai.
Inorridì.
Era rimasta solo una parola visibile, ed un numero appena sotto.
“Legato” e “2027”
Ero abbastanza avanti nel tempo. E qualcuno che conoscevo era morto. Potevo essere io. Poteva essere Seiryn, come nella mia visione. Rifiutai quel futuro, ma forse mi conveniva affrontarlo.

FINE NONA PARTE.
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

mercoledì, dicembre 15, 2010

Un futuro già vissuto, ottava parte: non c'è due senza tre

Il futuro, in quei giorni, mi portava solo pensieri negativi. Il passato ritornava a galla facendo affondare il suo proprietario. Ma in quel preciso istante, mi curavo solo del presente.

Avevamo suonato con Utada Hikaru.
Ho cantato con Utada Hikaru.

Il mio scopo era stato raggiunto.

Nella pausa che seguiva Show me love, Seiryn mi spiegò che conobbe Utada mentre era in quel famoso studio per la lezione privata per l’estensione e l’inglese. Nel suo anno di pausa, Utada stava dando lezioni private a qualche ragazza, e lì si riconobbero a vicenda. Quando Utada scoprì che si stava esercitando per una sua canzone, le venne spontaneo chiedere di chi fosse l’idea. Le parlò di me, e lei rispose che sarebbe stata contenta di partecipare all’esibizione. Il mistero ed il tocco di classe fu tutta opera di Seiryn. Dopo aver parlato un po’ (e averle chiesto svariati autografi), Utada se ne andò, dicendo che doveva tornare dai suoi allievi, salutandoci cordialmente.

Avevamo davvero toccato un traguardo.

Cominciammo la seconda parte del concerto, la parte lenta, col pubblico che esclamava le parole delle canzoni prima che venissero cantate. Non c’era mai stato questo feeling, prima d’ora, col nostro pubblico. Col mio pubblico.
Quando arrivammo alla canzone finale, ossia Saikyou piano version, feci cantare il pubblico. Volevo sentire la loro voce. Volevo vederli uno ad uno. Ma forse ne vidi troppi. Nella terz’ultima fila, notai lui. Quel vecchio che avevo incontrato nel 4 dicembre alternativo.

Cercai di avvicinarmi piano piano ai bordi del palco, per vedere meglio se si trattava di lui. I miei compagni notarono che qualcosa in me non andava, che comincia a respirare più faticosamente. Arrivai al bordo estremo del palco, e vidi finalmente in chiaro quell’uomo. Era davvero lui.

Stavo cantando, stavo pensando alla canzone. Erano già due cose. La terza mi fu fatale.

Non appena vidi quell’uomo sorridere, sentì come se qualcuno mi spinse verso l’esterno. Vidi l’immagine di me cadere verso il pubblico. Ma i miei compagni ed il pubblico stesso continuarono normalmente a cantare.

Per un secondo, immaginai di restare sospeso nel vuoto.

Tutto si fermò. Il pubblico, il palco, gli strumentisti, i fonici. L’unica cosa che ancora vedevo muoversi, era il mantello del vecchio che notai allontanarsi pian piano, mentre sentivo la sua risata. Non potei non notare l’ideogramma Legato stampato nel retro del suo mantello. Appena lasciò la sala, tutto tornò alla normalità.

Io ero ancora in piedi, di fronte al pubblico. Stavo cantando. Erano gli ultimi trenta secondi di Saikyou, dopo era compito di Seyo chiudere con un meraviglioso assolo. Era mia abitudine andarmene girandomi lentamente alla fine della canzone, prima dell’instrumental, facendomi applaudire dal pubblico per quell’uscita teatrale. Feci così, ma non per l’applauso teatrale. Ma perché volevo riflettere su quell’esperienza vissuta.

Persino Utada mi passò in secondo piano. Quell’esperienza soprannaturale era tutto ciò che mi veniva in mente. Chi era quel vecchio? Perché aveva un mantello con lo stemma della mia famiglia?
Papà, perché sei morto prima di raccontarmi tutta la verità?
Che poi anche lui, figlio unico. Il nonno poteva sforzarsi un po’ di più per creare altri Legato al cui un’eventuale nipote poteva chiedere. Anche se ricordo che mio padre disse che i suoi genitori morirono quando ancora lui era un bambino.

Anzi, fecero giusto in tempo per generare un discendente che generò me.

L’intero gruppo aveva nel frattempo finito la canzone, e stava rientrando. La prima tappa era stata un successo. Forse anche per merito di Utada. Speravo vivamente che le successive riscontrassero un successo maggiore.

“Weee finalmente abbiamo finitooooo! Però è stata un’esperienzaaaaa magnificaaaaa! Peccato dover aspettare per doverla rifare!!!”
Veramente dovevamo aspettare un solo giorno. Seika allungava sempre i tempi, così come le parole.
“Scusatemi, ragazzi, ma io scappo. Mio fratello mi starà aspettando all’aeroporto.”
“Waaaa vengo con teeee!”
“No Seika, tu resti qui e aiuti gli altri a smontare!”
“Uffaa!”
Suo fratello? Ma non doveva scendere qualche giorno prima del 31? Aveva anticipato di tre settimane? E io quando avrei dovuto saperlo?

Sembrava che parlassero di cose strane. Cercai di introfularmi anch’io.

“Certo che è stata spettacolare l’entrata con Utada. Brava, Seiryn. Inutile dire che era solo per oggi questa improvvisa apparizione, vero? Da domani dobbiamo cavarcela con le nostre forze!”
Gli altri mi guardarono strano. Persino Seyo si fermò, nonostante la fretta che aveva.
“Perdonami, Akira…ma di che cosa stai parlando? Utada è stata con noi solo durante la prima tappa del tour, il 10!”
“Appunto…scusate, perché parlate di oggi come se fosse già passato?”
“Passato? Akira, oggi è il 30!!!”

La prima volta che vidi il futuro, vidi un aereo distruggere la vita dei miei genitori. Fatto che si avverò qualche settimana dopo.
La seconda volta, andai avanti di un giorno, modificando lievemente ciò che avevo visto.

Non c’è due senza tre.

Ripensai al vecchio, alla sua risata, alla mia sospensione nel vuoto. Vi erano solo due spiegazioni. O ero svenuto durante il concerto, oppure avevo nuovamente viaggiato nel tempo.

Controvoglia.

Dissi agli altri di essere stanco, che le tappe del tour mi avevano stremato. Che poi era la verità, anche se ne avevo fatta una sola.
Mentre uscivo con Seyo, lui cominciò a parlarmi.
“Akira, ti ricordo di dare conferma prima del compleanno di Seiryn. So già che ci sarai, essendo il testimone, però sai come è Sairyn fiscale per queste cose.”
“Cosa? Di cosa stai parlando?”
“Come di cosa? Akira, parlo del mio matrimonio! Il 21 ho mandato a tutti la partecipazione! Non dirmi che non ti è arrivata!! Seiryn non ti ha avvisato?”
E io che ne so se mi era arrivata. Quel giorno l’ho saltato.
“Ah, sì, già…il matrimonio. Certo che ci sarò. Sono il testimone, dopo tutto. Avete già deciso il giorno?”
“No, per ora solo il mese…”
“Scusami, allora che partecipazione è?”
“APPUNTO! Ovvio che il giorno ci sia scritto, no? Akira, ti prego, cerca di riposarti. Te lo dico per il bene tuo, e pure per il nostro.”
Riposare. Da una settimana la gente mi diceva solo di riposare.
“Ok…ascolterò il tuo consiglio…a dopo, Seyo!”

Tornai a casa velocemente. Il tappeto era sempre con quella scritta inquietante infuocata marchiata sopra. Quando la esaminai, notai un biglietto.

“Spero ti sia piaciuto il viaggio! Cerca in te stesso, sennò resterai avanti di 20 giorni per sempre!! AH AH AH! S.L”

Era quel vecchio. Era stato lui. Mi aveva spedito alla fine del tour. Voleva che imparassi qualcosa. O forse, voleva solo farmi impazzire.

Nessuno mi ha mai insegnato a viaggiare nel tempo. Ma dovevo tornare indietro. Non potevo saltare tutto il tour. Non potevo saltare Natale.

Non potevo viaggare nel tempo senza accorgermene.

Promisi a me stesso di provare a fare qualcosa finché non mi sarei stancato.
Difatti, tre minuti dopo, ero buttato sopra il letto. Il tour mi aveva stancato troppo.

Cominciai a pensare.
Poi mi alzai di botto.

Cercai la partecipazione di Seyo, doveva pur essere lì da qualche parte. E difatti la trovai.

“Seyo Karasu nato il bla bla, Sairyn Shiteru bla bla, festeggiano il loro matrimonio al bla bla il 19/2/2011.”
Che coincidenza. Il giorno in cui nacque mio padre Kiiro.

Avrebbe compiuto 51 anni se fosse stato vivo.

Mi ributtai nel letto. Pensai a come avrei reagito se per un qualche imprevisto avessi saltato pure il matrimonio di Seyo. O quello mio. Sarebbe terribile. Come pensai fosse terribile che sicuramente da Febbraio in poi dovevamo prenderci una lunga pausa. Forse era il tempo di pensare a qualche progetto solista.

No, era solo il tempo di riposare.

Mi addormentai stringendo in mano la partecipazione di Seyo. E mi svegliai stringendo in mano la medesima partecipazione.

Ormai avevo dimenticato che forma avesse un pigiama.

Una volta sveglio, provai a chiamare Seyo per comunicargli che avevo la partecipazione, ma non rispose. Eppure doveva essere il suo compleanno, dove doveva andare oltre casa?
Magari a casa Shiteru.

Chiamai a casa Shiteru. Rispose un signor Akai che mi urlò via tel che ero in ultra ritardo per le prove.
Quali prove? Doveva fare una festa a sorpresa a Seyo?

La sorpresa era più mia che sua.

Volai verso casa Shiteru. Anche Seyo era presente. Cominciai davvero a non capirci più nulla.

“Ragazzo, va bene che ieri appena conclusosi il live sei praticamente svenuto, ma è una scusa per dormire più di 12 ore??? Su, intona la voce e poi preparati per la seconda tappa di oggi!”

Ero tornato al presente.

Ma sapevo che in tasca avevo la partecipazione che Seyo mi avrebbe mandato solo 12 giorni dopo.

Allora era vero, ne avevo pure la prova.

Io sapevo viaggiare nel tempo. E quel vecchio pure.

Solo, non sapevo come. Difficilmente si trovano persone che sanno insegnarti queste cose.

Dovevo trovare quel vecchio.

Passammo tutte le tappe del tour senza problemi, il 21 mi arrivò nuovamente la partecipazione di Seyo alla quale risposi prontamente, dal 22 fino al 30 facemmo le tappe rimanenti. Il Natale lo passai a casa Shiteru, con la band e la famiglia di Seiryn. La fine del 30 fu simile a quella che visti nel mio futuro alternativo, solo che stavolta non ero più il pazzo visionario di quella volta.

Il 31, organizzamo una bellissima festa a Seyo dove il fratello, Izuru Karasu, si occupò della maggioranza dei dettagli. Era un 25enne lanciato nel mondo della moda, era un modello. Era pieno di soldi, in parole povere. E, anche se ho sempre disprezzato questo mondo, ammetto che aveva stile. Molto stile. Forse anche per questo, Seika era follemente innamorata di lui.

Fu una festa a tema musicale, ovviamente. Ci divertimmo come non mai. Solo alla fine mi vennero i soliti pensieri. Izuru aveva portato un film dall’America, che era uscito da poco in Blu-Ray. Si trattava di un film che in Giappone fece scalpore solo quando uscì, ossia nel 1985. Ma io, fino al 2000, lo vidi varie volte in Italia. Si trattava di Ritorno al Futuro. Lo scopo di Izuru era farci addormentare con la tv che mostrava il film. Scopo di Seika era addormentarsi tra le sue braccia, dove riuscì perfettamente. Sicuramente anche Izuru provava qualcosa per lei, solo che per via del suo lavoro magari non gli era consigliato innamorarsi.

Dev’essere una brutta cosa, volere qualcuno ma essere costretti dalle forze superiori ad accantonarla.

Quel film non mi fece dormire. Poi, il fatto che fosse in inglese non aiutava. Anzi, mi fece pensare molto di più.

Stavo pensando che finora avevo solo viaggiato nel futuro, mai nel passato, se non per recuperare il presente che avevo perso andando avanti.

I troppi pensieri si fecero spazio nella mia mente, facendomi crollare emotivamente.

Io e Seiryn; Seyo con Sairyn, Seika con Izuru, il signor Akai con Gikam (erano rimasti a parlare di tecniche per la batteria, per poi crollare sulla scrivania entrambi). Passammo dormendo spalla a spalla il compleanno di Seyo e la fine dell’anno. Il 2011 era iniziato.

Il 6 diventò più chiaro, il 5 più scuro. Ma non l’avrei saputo fino al giorno dopo.


FINE OTTAVA PARTE.
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

lunedì, dicembre 13, 2010

Un futuro già vissuto, settima parte: il tour

Sembrava che fossi nato solo per quel momento. Ogni momento della mia vita attendeva pazientemente il giorno in cui avrei, finalmente, vissuto tutta l’emozione che stavo vivendo in quel preciso istante. Non era il primo tour, e neppure il secondo. Ma era il tour che c’avrebbe portato all’ultimo gradino del palazzo della musica. Ogni altro pensiero era passato in secondo piano. Mio padre leader degli Slashion, la sua morte, l’avventura avuta coi problemi dei giorni alternati. Non mi importava più nulla. Ripetevo tra me e me i testi delle mie canzoni. Per un italiano è sempre complesso imparare dei testi giapponesi, anche se vive tra giapponesi da più di 10 anni.

Nessuno può rinnegare se stesso.

Il concerto cominciava alle 20. Mi svegliai verso le 7 annoiato. Non sapevo che fare, in quelle 13 ore. Provare? Sì, serviva, ma relativamente. L’incontro col gruppo era alle 15. 8 ore dove potevo pensare. Dove potevo riflettere sulla mia carriera.

Ho già parlato di come ho conosciuto Seyo, Akai Shiteru e le sue figlie. Dopo un anno, Sairyn cambiò facoltà. Seiryn dopo il diploma decise di dedicarsi totalmente al canto e al basso. Io e Seyo, invece, continuammo, persino col nostro lavoro precario che ci sosteneva. Molte volte Seyo mi chiese di venire ad abitare da lui, ma io rifiutai, mi conosco e ci sono momenti in cui la mia privacy è necessaria.

Come lessi in un libro inglese, la miglior cospirazione è quando si cospira da soli.

Al secondo anno di università, incontrammo Gikam. Era il 2007. Un ragazzo eccentrico, questo senza ombra di dubbio. Ci invitò al suo compleanno, il 21 ottobre del 2007. Compiva 19 anni. Era ormai abitudine per lui suonare ininterrottamente per tre quarti d’ora cambiando spesso tempo ad ogni compleanno. Io e Seyo lo guardammo, basiti. Lo volevamo nel gruppo. Ogni altro batterista lo trovavamo inutile, al suo confronto.
Lui accettò subito, non si fece riserve. A patto che questo non gli avrebbe impedito di suonare nei locali, dato che era l’unico lavoro con cui riusciva a sostenere la madre. Il padre era sempre fuori città per lavoro, raramente riusciva a mandare gli assegni per mantenere la famiglia. Noi non ci mostrammo contrari, anche perché pure noi lavoravamo. Anche se capimmo dopo per quale motivo voleva continuare a suonare. Era per la “bella pianista”.



Erano i primi giorni del 2008, una settimana dopo il compleanno di Seiryn. Gikam ci chiese di suonare con lui in un locale vicino l’abitazione del signor Akai. Noi accettammo, era un modo per farci conoscere.

Quel giorno, completammo il gruppo.

Prima di noi suonò una pianista, rinominata da Gikam “il dolce tocco della vita trasformata in musica”. Magari lui era esagerato. Ma io rimasi davvero sbalordito dal suo modo di suonare. Cominciava pacatamente. Poi cominciava ad insistere. Dopo un po’, cominciava a suonare con una mano sola. Finché non le portavano la tastiera. Lì, usava la seconda mano per creare perfette melodie. Tutto mentre col piede sintetizzava il tutto.

Mi resi conto di quanto fossi incapace al suo confronto, soprattutto quando sentì la sua età.

15 anni.

Io a 15 anni ero un poppante che cantava a squarciagola sotto la doccia e realizzava canzoni dedicate ai Pokémon.

In secondo luogo pensai alla sua bellezza. I complimenti di Gikam non erano affatto casuali. Anche se Seiryn era sempre lì, vigile come qualcuna che è pronta a bastonarti non appena sbagli.
Ma io la volevo nel gruppo.
Quando finì di suonare, non applaudì. Salì sul palco e le chiesi di suonare il pezzo con noi. Avremmo cantato l’ultimo singolo di Koda Kumi, ossia Last Angel. Non sapevamo ancora che quella sarebbe stata la nostra formazione finale, e che sarebbe stata la nostra prima esibizione live.

La pianista cominciò con una sinfonia che ci caricò prima di cominciare a cantare. Ovviamente, Seiryn faceva la voce di Koda, mentre io e Seyo eravamo i Tohoshinki. Non ci divertivamo così tanto da quando conoscemmo il signor Akai. Era un piacere suonare con loro.

Cosa c’è di più bello del condividere la tua passione con gente che la condivide come te?

Il successo fu così grande che fummo costretti a concedere un bis. Ma volevo vedere come se la sarebbero cavate solo le ragazze. Feci scendere i ragazzi e dissi a Seiryn di cantare Beautiful World.
Sembrò arrabbiarsi.
Beautiful World era la nostra canzone. Forse non voleva che io la facessi suonare anche ad un’estranea.
Ma le dissi che la pianista non era un’estranea.
Bensì il nostro ultimo compagno.
Il resto, è storia. Ho saputo che una persona registrò un video di quell’esibizione e lo vendette su ebay, ricavando non meno di 2000 euro. Scommetto tutto che è stato il signor Akai ad acquistarlo.

La pianista era, ovviamente, Seika. Seika Desyo. Accettò subito di unirsi a noi. Altri gruppi prima di noi le chiesero di entrare, ma lei rifiutava perché non si sentiva in feeling con loro. Il suo spirito non era in collegamento con loro. Mentre noi lo eravamo.

Noi siamo stati separati alla nascita. E ci siamo ritrovati per poter suonare.
Inutile dire la felicità di Gikam. Così come la sua infelicità quando Seika conobbe il fratello di Seyo. Ma questo lo racconterò un’altra volta.
A febbraio ri-registrammo Saikyou, con i nuovi membri. Anche se eravamo cinque nella band, l’intero gruppo era formato da 7 persone. Il mio numero preferito.
A marzo Saikyou toccò la vetta dell’Oricon Chart, ma questo lo sapete già. Ad aprile uscì il primo album. Quattordici mesi dopo uscì il secondo. Mentre due mesi fa è uscito il terzo, dove forse non lo sapete, ma abbiamo in progetto di fare un tour.

Raccontare questa storia fa sempre bene. Si erano fatte le 14.
Volevo andare da Seyo, ma prima volevo fare il giro del quartiere. Forse per mia curiosità. Abitavo al 37 del Tenkaichi Village. La seconda traversa della strada era quella dove sognai la morte di Seiryn. Ma se il futuro del giorno dopo si è avverato…si sarebbe avverato pure quello?
Non era tempo di pensarci.
Il tour mi attendeva.

Arrivai puntuale a casa di Seyo, e partimmo verso casa Shiteru. Il salone di quella casa era il nostro quartier generale. Prima del 2005, si sarebbe mai immaginato il signor Akai che tutti quei musicisti avrebbero invaso la sua vita? Penso di no.
Ma chi ama la musica è destinato a stare con chi ama la musica.

Alle 19 partimmo. Il signor Akai chiamò al bassista, il figlio del suo ex-team mate Kuroi Yasa. Doveva suonare per poche canzoni, ma fondamentali, special modo Show me love, la cover di Utada dove tutto il tour girava.
È facile suonare le proprie canzoni. Suonare quelle degli altri, no. Ve lo assicuro.
Il bassista espresse il desiderio di non essere inquadrato da nessun riflettore. Non voleva che fosse riconosciuto come il figlio del bassista di una grande band morto probabilmente suicida. Accogliemmo il suo desiderio. L’importante era che i nostri nomi fossero marchiati a fuoco nella storia.

Alle 19.30, tutti eccetto me cominciarono a sistemare i loro strumenti. Il signor Akai era pure lo speaker, ovviamente.
Io stetti nel lavandino del bagno, con la testa immersa nell’acqua. Aspettavo il momento. La folla chiamava il nome del gruppo. Diceva Trespasser. Uno dei motivi per cui ci chiamavamo così, era per il suo significato che alcuni di noi davano per il nostro modo di suonare. Tre passi. Un passo noi, due passi gli strumenti.

Il signor Akai cominciò col discorso di presentazione. Solo lui poteva divertirsi in quell’occasione. Noi eravamo più tesi delle corde della chitarra di Seyo.

“Ladies and gentleman (sempre con inglese pessimo) sono qui per annunciare la prima tappa del terzo Trespasser Tour!!! Woooo!!! Avanti, fate casino!!!”
Grazie mille, signor Akai. Tu sì che sai come farci calmare.
“Innanzitutto…i fonici! Alla mia destra, Sairyn Shiteru!!!”
Una luce la abbagliò. Lei sembrò arrossire. Fece un piccolo inchino in riverenza. Era di fronte ad una bestia di 64 canali. Anche se ero il fonico in seconda, non avrei saputo mettere mani a quell’oggetto.
“E adesso…il supervisore fonico! I più vecchi si ricorderanno di me…sono Akai Shiteru!!!!”
Non dimostrò affatto la sua età mentre compieva una capriola a mezz’aria. Seiryn era sul punto di andarsene dalla vergogna. Non voleva che gli altri capissero che era sua figlia dal cognome.
Il signor Akai dava l’occhio al gruppo, aveva davanti a sé una console per DJ a 4 piatti, un computer per regolazioni a lungo termine ed in più un terminale per le luci.
“E per concludere la famiglia…”
Sentimmo Seiryn sprofondare dalla vergogna.
“La bassista, la voce più bella del pianeta, la mia figlia minore!!!”
Una minaccia di morte al padre fu sentita dalle persone vicino a lei.
“Seiryn…Shiteru!!!!”
Entro arpeggiando le corde con le unghie. Nonostante fra gli strumentisti era la meno esperta, sapeva il fatto suo con quello strumento. Anche se il suo punto di forza era, ovviamente, la voce.
“Ecco, dopo la conclusione della famiglia, cominciamo a presentare i rimanenti! Sembra che finalmente sia pronto ad apparire al pubblico. Ecco a voi…il batterista, Gikam Irai!!”
Una luce si accese sopra di lui. Il pubblico vide il batterista avvolto da mezza luce, di fronte alla sua batteria acustica. Ma il suo genio nell’ambito degli effetti speciali doveva ancora mostrarsi. Dopo aver colpito il crash due volte, la luce aumentò l’ampiezza mostrando dietro di lui una batteria elettrica, messa a giro intorno a lui, incastrandosi con l’acustica. Cominciò a girare lentamente sul suo seggiolino, aumentando piano piano la velocità suonando la batteria che aveva di fronte. Dopo un cinque minuti che girava dentro le batterie, si fermò al centro delle due suonando un piatto per batteria, dando via ad un altro effetto speciale: una piccola esplosione.

“Sì ragazzi, questo è il livello, questo è il livello!!!! Dopo di lui, vi presentiamo la nostra pianista, Seika Desyo!!!!”
Una luce la illuminò, come successe con gli altri. Era dentro un ring formato da due pianoforti e due tastiere, ognuno opportunamente regolato in maniera diversa e accordato in base alle esigenze. Mentre col piede continuava a sintetizzare i suoni che uscivano (ovviamente con l’altro usava il pedale). Iniziò suonando un effetto di violino ed un effetto di organo con le tastiere che aveva ai lati. Continuò spostandosi sui pianoforti che aveva di fronte e di dietro, fino a fermarsi suonando solo il pianoforte di fronte a sé.
“Wo wo wo!!! Ragazzi, l’aria si sta riscaldando!! L’ARIA DIVENTA ROVENTE! Facciamo entrare i fondatori di questo gruppo!!! Ecco a voi…il chitarrista, Seyo Karasu!!!
All’udire l’entrata in scena di Seyo, alzai la testa dal lavandino e cominciai ad incamminarmi verso il palco.
Seyo entrò in maniera poco aggressiva, devo dire. Nei primi live solitamente entrava in maniera molto più spettacolare. Ciò non cambia che ogni volta che lo sentivo rimanevo di stucco. La sua chitarra era qualcosa che solo lui poteva comprendere. Una chitarra con 6 corde davanti e 6 corde dietro, entrambi collegati in maniera differenti al mixer ed entrambi con effetti differenti. Cominciò suonando solo la chitarra davanti, dando solo piccoli tocchi alla “retro”, come la chiamava lui. Ma, più in la’, l’avremmo visto all’opera.
“Gli strumentisti ci sono tutti. Manca solo una voce. Manca solo la mente. È stato lui a creare questo gruppo. È stata la sua determinazione a portarci qui. Sono stati i suoi testi a darvi qualcosa da cantare fino ad ora. Ecco a voi…AKIRAAAAAAA FAREYYYYY!!!!
Entrai nel palco con lo sguardo abbassato ed il microfono nelle mani, mentre i miei compagni continuavano a suonare come sottofondo.
Arrivato al punto prestabilito, alzai lo sguardo.
I miei capelli gocciolavano ancora, ma mi piaceva l’effetto che creava alla mia testa. Me la sentivo fresca.
Lo stadio era pieno. Molte persone erano venute per ascoltare le mie idee. Per ascoltare qualcosa che IO ho creato.
Non penso possa esserci soddisfazione maggiore.
E penso che pure mio padre pensava la stessa cosa.
Misi il microfono vicino la bocca. Il momento degli scherzi era finito.
“Siete pronti?”
Un boato ruggì nello stadio. Ma non mi bastava.
“SIETE PRONTI?”
Il tetto sembrava crollare. MA NON MI BASTAVA.
“SIETE PRONTIIII?”
Volevo fregarmi la voce prima di iniziare.
Il pubblico smosse il mio cuore, con la sua risposta.
Quello, era il mio segnale d’avvio.

Arrivammo a metà tour, ossia la parte più rock, senza problemi. Una piccola pausa ci era dovuta per sistemare il microfono per Seiryn e modificare il palco di conseguenza. Era il momento di Show me love. E della sorpresa che Seiryn aveva detto ci fosse per noi.

Salimmo soavemente nel palco. Seiryn era al centro. Io alla sua destra. Seyo con la chitarra alla sua sinistra. Gikam e la batteria erano dietro di lei, mentre Seika era alla destra di Gikam. Quell’opera doveva iniziare. Se fossimo riusciti a compiere ciò che ci eravamo predisposti, potevo ritenermi soddisfatto dalla vita.

Seika cominciò a suonare la melodia che precedeva le prime parole. L’amore puro e soave che si riusciva a distinguere da quelle note era immenso. Poi si fermò.
Una luce avvolse Seiryn. Cominciò a pronunciare le prime parole della canzone.

Osaekonda sorewa kiezu
Mizuumi no sokohe yukkuri to mata shizundeku

Nitowo ou mono, ittomo ezu
Mujun ni tsukarete sukoshi kokoro ga omoku naru


Era il momento di mettere l’effetto riverbero alla sua voce. Sairyn non ritardò.

Nige tara yokei kowaku narudakette
(Inside my lavender dreams)
Wakattewa iru tsumori

Io e Seyo ci alternammo la frase in inglese. Gli lasciai “my” e la sillaba “ven”. Sapevo che con l’inglese non c’era portato. Ma voleva cantare almeno quel pezzo.
Prima dell’ultima parola della strofa, Seyo prese la chitarra. Cominciò a muovere le corde. Esattamente come la canzone originale.

Shinpai…

All’inizio del ritornello, Seyo calciò via il microfono. Non so come fece senza far ingarbugliare il filo, doveva essersi esercitato. Iniziò a suonare come la canzone lo richiedeva. Gikam al primo tocco del crash della batteria acustica, scatenò un esplosione seguito da un giro di luci. In queste cose era un grande.

…shinakute moitsuka kitto, nante ienai
Jishin no nasa ni amae techa mie nu
Watashi no uchi naru passage (Show me love)
Uchi naru passage (Baby show me love)
It’s all in my head (Can you show me love)
It’s all in my head (Not a dream)


La seconda voce la feci solo io. Seyo continuava solamente a suonare. Fu impressionante vedere la bravura con la quale Seiryn cantò la parte inglese. Era davvero diventata bravissima. Sembrava quasi che cantasse in playback. Anche se noi odiavamo tutti quella forma di canto. Toglieva bellezza al live.

Meglio essere stonati con la propria voce reale, che essere intonati grazie ad una macchina.

Murasaki no shingou ga tentou hikatte shikouteishi
Fuan dakega tomaranai


La seconda strofa si mantenne su ritmi normali. Ogni tanto Gikam scatenava un’esplosione. Nulla di straordinario.

Watashi wa yowai dakedo sorewa betsuni
(Inside my lavender dreams)
Hazukashii koto janai


Il secondo bridge fu più immersivo del primo, nonostante l’assenza di Seyo. Cantai sempre io le parti destinate alla seconda voce. Seyo iniziò ad usare tutte le corde contemporaneamente. La folla entrò in visibilio prima del secondo ritornello.

Jissai dare shimo fukai yamiwo daita teryaii
Toki ni yande, mogaite, sakende sakende
Itami no motowo tadotte (Show me love)
Motowo tadotte (Baby show me love)
It’s all in my head (Can you show me love)
It’s all in my head (Not a dream)


La parte inglese di Seiryn mi fece capire anche quanto era migliorata nell’estensione vocale. Prima, non sarebbe mai riuscita ad arrivarci. Ora era andata oltre. Ero fiero di quella ragazza. Sia come suo uomo, sia come musicista.

Kizuki ageta theory wasure you
Kamawa nobottara oriru mono yo


Ormai il senno era andato. Il terzo ritornello sarebbe diventato il nostro punto forte.

Jissai donna fukai ai mo kanpeki janai
Jibun deshika jibunni shite agerarenai
Jibun wo mitomeru courage (Show me love)
Mitomeru courage (Baby show me love)

Nella canzone originale, dopo il terzo ritornello, inizia immediatamente il quarto. Ma noi non facemmo così.

Gikam cominciò a girare vorticosamente sul seggiolino mentre suonava entrambe le batterie, Seika iniziò ad unire pianoforte ad un effetto di organi sintetizzati, Seyo introdusse tutto spettacolarmente usando alternativamente le due chitarre unite per il primo minuto, poi contemporaneamente per i trenta secondi successivi.

Sono stati novanta secondi dove il mio gruppo si era scatenato, dando vita ad un instrumental senza fine. Lo amavo. Amavo ognuno di loro. MI dispiacque sentirne la fine. Ma era venuto il momento dell’ultimo ritornello. Avevo deciso di cantare la parte finale inglese insieme a Seika. Ovviamente lo sapeva già. Ero io a non sapere se sarei arrivato a quella tonalità.

Una luce avvolse Seiryn, eravamo ormai alla fine.

Jissai yume bakari miteita to kizuita toki


Mi sembrò strana quella frase. Seiryn era ferma. Le sue labbra pure. La voce non sembrava la sua.

Hajimete jiriki de ippo fumidasu

Chi è che cantava?

Watashi no…

La luce la illuminò. Era lei che cantava. L’autrice originale della canzone. Era lei la sorpresa di cui parlava Seiryn. Utada Hikaru era sopra il palco che cantava con noi.

…uchi naru passage
Uchi naru passage


Seiryn ricominciò a cantare insieme ad Utada, sicuramente avevano già provato in precedenza. Non sapevo se unirmi a loro nella frase finale. Non mi sentivo degno.
Ma non volevo lasciare un compito che avevo dato.

It’s all in my head
It’s all in my head


Cantammo perfettamente la fine tutti e tre, in una sincronia mai vista prima nel nostro gruppo. A turno i nostri strumentisti diedero spettacolo: dapprima Seyo cominciò con la chitarra per due minuti circa. Seguì a ruota Seika dove dimostrò di saper usare pure tre pianoforti contemporaneamente, sfruttando il prolungamento dovuto al pedale. Non l’avevo mai vista usare quella tecnica prima d’ora. Infine, Gikam condì il tutto con tre minuti dove si alternavano suoni di batteria ad esplosioni e giri di luce. Scommetto che lui da lì dentro urlava e rideva come un matto. Alla fine, diede la conclusione finale con un esplosione e lo spegnimento finale delle luci.

L’obiettivo era stato raggiunto? Non saprei dirlo. Ma dalla voce della gente, sembrava di sì.

La soddisfazione era entrata nella mia vita. Ma non sapevo che sarebbe durata poco.

FINE SETTIMA PARTE.
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)