And you are...
You're exceptional
The way you are
Don't need to change for nobody
You're incredibile
Anyone can see that
When will you believe that?


venerdì, febbraio 18, 2011

Un futuro già vissuto REBORN, parte cinque: Incontro con l'assassino

Corsi.
Molto.
Trovando.
Solo…

Mi svegliai di soprassalto. Mia figlia e mia moglie ancora dormivano. Io non riuscivo più. Ero sudatissimo. Decisi di farmi una doccia, per rischiarare il corpo e la mente. Diedi una controllata veloce all’orario. Erano le 4 di mattina.

Quel giorno capii che nulla è per caso.

Uscito dalla doccia, sentii qualcuno bussare dalla finestra. Molto Dawson’s Creek, questo sì. Ma chi poteva essere alle quattro di notte il pazzo che poteva fare questo?
In effetti, conoscevo una sola persona pazza.

Tirai fuori le tende, vedendo Seika che mi implorava di aprire. Cominciai a pensare di stare ancora sognando, sarebbe stato molto probabile. Invece era davvero lì.

Aprii velocemente la finestra e la feci entrare. Avevo molte domande, tipo perché era lì e non con Izuru. Ma decisi di far parlare prima lei.

“Grazie, Akira. Sei l’unico pazzo quanto me da aprirmi a quest’ora. Ti chiedo scusa, ma non riuscivo a dormire e non ho pensato a nessuno eccetto che te, soprattutto dopo quello che mi hai detto l’ultima volta”
Non mi pare ci fosse un contratto non scritto sul fatto che la notte non dormissi.
Ma quest’idea mi scomparve quando Seika si gettò tra le mie braccia piangendo.
“Non…non ci riesco! È tutto così difficile! Da quando è tornato mio padre, non ragiono più!”
“Tornato? È già tornato?”
Forse non mi sentì. Continuò a parlare.
“Ho sempre paura anche a camminare per strada! Tu sei l’unico che può fermarlo! Tu sei l’unico che può vendicare la morte di mio fratello!”
“FRATELLO?”

Mi svegliai di soprassalto. Mia figlia e mia moglie ancora dormivano. Io non riuscivo più. Ero sudatissimo. Decisi di farmi una doccia, per rischiarare il corpo e la mente. Diedi una controllata veloce non solo all’orario, ma anche al giorno. Molto probabilmente, ero andato nel futuro senza accorgermene.

Seika aveva un fratello? Non mi risultava. Forse, neppure lei lo sapeva ancora.

Finita la doccia, tornai ad addormentarmi. Si fa per dire, ovviamente.

“Papà…papà!!!”
“Chi è che mi chiama papà a quest’ora della notte?”
“Papà, solo io posso chiamarti così, penso!”
In effetti, non faceva una grinza.
“Sveglia, è tardi, farai tardi al lavoro!”
Al lavoro? Da quando faccio un lavoro che mi impedisce di dormire fino alle 14?
Una cosa è sicura: mia figlia era molto più disciplinata di me. Prese un secchio della sua misura, lo riempì di acqua fredda e me lo gettò in faccia.
“MA SEI IMPAZZITA?”
“Papà, è tardi!!!”
Cavolo, se era tardi. Oggi è il compleanno di Seiryn. Mia figlia ha detto “lavoro” per evitare di farsi sentire da sua madre in caso fosse ancora nei dintorni. Vorrei sapere da chi ha preso, da me non di certo.
“Scusami, figliola. Il tuo papà ancora deve crescere. Tu, invece, diverrai un giorno molto migliore di me.”
“Ma già lo sono ora!”
Sulla modestia ancora peccava parecchio.
Uscimmo verso le 10 per uscire in giro per i negozi. Sapevo già cosa regalare a Seiryn, le era piaciuto un basso che aveva visto ad Akihabara, e non l’ha comprato giusto per far sì che glielo regalassi.

Era bello stare con mia figlia, uscire come un padre, libero dai pensieri e dalle responsabilità. Libero dal pensiero della morte che incombeva sulla mia famiglia.

Arrivammo ad Akihabara, nel reparto musica, verso le 11. Molto affollato, come al solito, ma la gente non appena mi vedeva mi faceva passare. La mia fama mi precedeva. Anche se mi piaceva pensare che lo facevano per via della bellezza di mia figlia.

“Scusate vorrei…”
“Un pianoforte. Quelli a casa del vecchio fanno pietà.”
Un signore di mezza età mi aveva preceduto. Qualcuno che non mi conosceva, a conti fatti, o magari qualcuno che, giustamente, mi considerava come un essere umano. Mi girai a vedere quest’uomo.

L’UOMO DELLA FOTO NEL GIORNALE DI NEW YORK. IL PADRE DI SEIKA.

Fermai il tempo senza bloccare anche lui. Avevo bisogno di parlare a quattr’occhi con quel pazzo.

“Beh, mi sa che al vecchio non è piaciuta la battuta che ho fatto sui suoi pianoforti. Ehi, come mai tu non sei rimasto bloccato?”
“Sono io che ho fermato il tempo. Sono Akira Legato, nipote di Stefano, che presumo tu conosca.”
“Ah-ah! Così sei tu il famoso nipote bravissimo pieno di talento di cui il vecchio ha un timore gigante, eh?”
Davvero mio nonno diceva questo di me?
“Wow, siete due copie sputate. Oh beh, capelli e barba bianca a parte.”
“Le tue battute passano in secondo luogo. Qual è il vostro scopo? Perché tornare in Giappone a torturare la mia pianista?”
“Oh, intendi mia figlia Seika? Ma non mi pare di essermi ancora avvicinato a lei. Per sua fortuna, dato che quando lo farò avrà di che ricordarselo per tutta la vita! AH AH AH!”
Cosa mi tratteneva dal bloccarlo eternamente nel flusso temporale? Ah sì, chiedergli lo scopo del nonno.
“PERCHÉ SEI VENUTO QUI? CHE HAI A CHE FARE CON MIO NONNO??”
“Sempre a gridare, sempre a gridare. Tu, tuo nonno. Anche tuo padre gridava sempre. Dev’essere un vizio di voi Legato."
“…!”
Era la parola più sensata che mi uscii dalla bocca in quel momento.
“Come fai…tu…”
“Mi chiedi come faccio a conoscerlo? Eh, sei proprio un bambino. Da quando il vecchio Akai ha tirato le cuoia, molto probabilmente sono l’ultimo uomo in vita, oltre tuo nonno, a conoscere veramente tuo padre. Vuoi sapere il perché?”
Ovvio che volevo. Morivo di curiosità.
“…sempre a perdere tempo, eh? Meno male che ho trovato questa distorsione temporale. Non hai ancora imparato a tenere il becco chiuso, eh?”
“Oh, vecchio. Ho conosciuto il tuo simpatico nipote. Ehi, che ne dici se il pianoforte lo rubiamo? Dai, il tempo è bloccato, divertiamoci un po’! Anche la commessa è carina!”
Mio nonno lo guardò intensamente. Dopodiché, cominciai a sentire il padre di Seika gridare in una maniera straziante. Non riuscivo a capire cosa mio nonno gli facesse, sta di fatto che lo stava torturando.
“Ricordati che se sei vivo è per mia precisa volontà. Con le tue chiacchiere stavi per mandare in fumo i miei piani. Allo stato attuale sei un alleato, ma non mi ci vuole nulla a trasformare la tua situazione da tale a subalterno, o schiavo. Quindi, riga dritto o ti trasferisco diretto in cella con un cappio intorno al collo. SONO STATO CHIARO?”
“Sempre a gridare…sì, chiarissimo. Sei tu il boss, vecchio.”
Prese un pianoforte lasciando un assegno in bianco sopra il bancone.
“E riguardo a te…ci incontreremo presto. A breve i nostri piani coincideranno. E lì sarà l’ultima battaglia.”
Dopo queste parole, sparirono.
Sbloccai il tempo. Comprai il basso in fretta, per evitare che la commessa facesse a me domande sul piano mancante, dopodiché andai subito a casa. Ignorai mia figlia per tutto il tempo, perché la mia mente era diretta solo in un luogo: la seconda parte del libro. Dovevo leggerla, impararla, capirla, per poi sfidare mio nonno. Quando sarebbe arrivato il momento.

[MENO DIECI]
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

1 commento:

  1. Complimenti bel ritmo l'ho letto tutto d'un fiato , mi piace molto come riesci a mischiare la poesia del calore di una famiglia con i ritmi e la suspence della storia , i santimenti di Padre premuroso con i snetimenti di un uomo che cerca la sua vendetta, detto questo aspetto con impazienza il prossimo capitolo.....

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