And you are...
You're exceptional
The way you are
Don't need to change for nobody
You're incredibile
Anyone can see that
When will you believe that?


sabato, gennaio 29, 2011

Evoluzione...

Piccola, coi genitori
14 anni, release primo cd col padre (Precious)
15 anni, First love era
17 anni, Bohemian Summer
18 anni, Distance Era
19 anni, Deep River Era
20 anni, Single Collection Vol 1 Era
21 anni, Exodus Era
22 anni, Pre-Ultra Blue
23 anni, Ultra Blue Era
24 anni, Pre-Heart Station
25 anni, Heart Station Era
26 anni, This is the One Era
27 anni, Pre-Single Collection Vol. 2
27 anni, WILD LIFE CONCERT
Utada Hikaru, Oggi, 28 anni

giovedì, gennaio 27, 2011

I don't wanna think about you...

(titolo-riferimento ai Simple Plan)

A volte pensiamo che il nostro mondo vada bene così com'è, con le giuste rinunce che abbiamo effettuato. Poi ci basta un sogno per farci capire che nulla va bene, che quella è la realtà che vogliamo. E poi ci svegliamo, delusi dalla realtà.

"Dopo essermi svegliato da un sogno, vorrei dormire ancora" - Hayatochiri

E allora si cerca la distrazione mentale. Ma questo mi frega. Per quanto possa essere impegnato per dimenticare, sono costretto a dormire. E quindi a ricordare. In disaccordo con Utada quando dice:

"Anche nei sogni, anche nel telefono, voglio sentire la tua voce" - Letters

In effetti, ricordare è molto più semplice che dimenticare. Ma la forza che traiamo nel ricordare non è neppure paragonabile alla debolezza che dovessimo avere se dimenticassimo. Ma questa forza che verrà, è preceduta da una GRANDE debolezza. Che si prova a mascherare in qualunque modo.

"Ogni volta nascondo le tracce delle mie lacrime attraverso gli occhiali da sole
E credo che divento piano piano più forte
Quindi capisco che c'è qualcosa di sbagliato con tutto questo"

Ma dopo cosa dice la canzone?

"La verità è che sono un piagnucolone ed un pretenzioso codardo" -Sunglass-

Mascherarsi non ha alcun effetto, ci vediamo forti all'esterno per straziarci all'interno. È un compromesso accettabile? Non penso proprio. E allora cosa rimane?
Modificare la realtà in modo che diventi come il sogno?
E com'è possibile realizzarlo, quando la protagonista del sogno è MORTA?
Non vi è risposta. Concludo citando l'incipit di For you, adatto ad ogni situazione:

NO MATTER WHAT YOU SAY,
ALL WE CAN DO IS PRAY

martedì, gennaio 25, 2011

Un futuro già vissuto REBORN, parte tre: la rinascita

I dubbi assalivano le nostre menti. La mia, per l’invischiamento di mio nonno, era in particolare subbuglio. La vista di una Seika in lacrime, di certo, non aiutava la mia condizione. Il pianto della mia pianista preferita riuscì a svegliare la mia bambina.

[Altrove…

“Ehi, vecchio, siamo arrivati?
“Non essere così impaziente. Vuoi così tanto vedere tua figlia, dopo quello che le hai fatto?
“Oh beh, mi dovrò pur divertire! Brutta non lo è di certo!”
“Che cos’è, una litote?”
“Un tritone? Mia figlia è un tritone?”
“Largo all’ignoranza, gente…comunque, siamo quasi arrivati. Non è facile piegare il tempo intorno alla gente, e poi far ritornare tutto com’era.”
“Ok, vecchio, sono nelle tue mani, in fondo mi hai salvato la vita. Anche se non ho capito ancora perché. Non mi sembri il tipo che fa niente per niente.”
“A tempo debito capirai. AH AH AH!”]

Riuscii a far riaddormentare la bambina in breve tempo, nonostante volesse restare con la “zia Seika”, come la chiamava lei. Ritornai così nel salone, a consolare per l’ennesima volta la disperata pianista.

“Una cosa è certa, tutto questo è molto strano. Comunque, qui c’è scritto che bisogna attendere una settimana. A proposito, come si chiama tuo padre?”
“Murai Desyo. Ma potrebbe anche essere un nome falso, con tutte le bugie che mi ha detto questa me l’aspetterei pure.”
Lo odiava da morire. E sicuramente, non ero nessuno per biasimarla.
La feci tornare a casa accompagnata da Seiryn. Sarei venuto pure io, ma la bambina poteva avere bisogno di aiuto. Magari la madre sarebbe stata più opportuna, ma ero io a doverla difendere dai pericoli che avevo già visto.
Tutte belle parole, dato che mi addormentai sul divano poco dopo.

“Papà!”
“…chi è?”
“Papà! Sveglia! C’è un tizio con la faccia sporca alla porta!”
“Sporca? Tizio? Sono arrivati gli alieni?”
Ci stetti un po’ per connettere. Maluk Revoruc, il manager dei Trespasser, era alla mia porta. E pensare che lo sapevo che doveva venire. Ma dov’era mia moglie? Le donne non ci sono mai quando servono.
“Aspetta, Revoruc. Sto aprendo.”
Aprii la porta velocemente, guardando mia figlia che lo indicava come una persona strana. In effetti, non si erano mai visti, e mia figlia finora aveva visto solo gente di pelle bianca.

Bisogna scoprire il mondo, sia quello uguale a noi, sia quello diverso, sia quello ugualmente diverso. E viceversa.

“Era tua intenzione farmi stare 15 minuti fuori, vero?”
“Sì, era uno sfizio che volevo farmi passare. Dai, Revoruc, sono tornato ieri stanco, pensavo che mia moglie sarebbe stata a casa, ma a quanto pare mi sbagliavo. Un secondo preciso.”
Presi l’iPhone dedicato alla famiglia, e le chiamai.
“…Pronto? Chi è?”
“Come chi è? Hai cancellato i numeri dalla rubrica? Sono io, Akira.”
“Ah sì, scusa. E che ho preso il tel prima di vedere chi fosse e lo messo subito all’orecchio. Scusa se non sono tornata, ma sono rimasta con Seika. È stravolta, ha bisogno di aiuto. Puoi sentirti con Seyo, dopo? Voglio sapere se Izuru può scendere per qualche giorno.”
“Hai fatto bene. Probabilmente avrei fatto lo stesso. Ok, dopo mi sento con Seyo. Sono qui con Revoruc, stiamo parlando di lavoro, dopo ti faccio sapere. A dopo, ok. Ciao.”
Veloce, ma significativa.
“E se hai finito con le tue magagne familiari, ora parleremo di lavoro, se la cosa non ti dispiace.”
“No, no, fai pure, sei venuto qui per questo, a conti fatti.”
“Papà, che vuol dire “magagne”?”
“…Piccola, papà ora deve lavorare. Se devi restare, fai meno domande possibili, le tieni in mente e poi me le chiedi, ok?”
“Oooooook!”
Quando accondiscendeva sempre avevo l’impressione di essere padre di una creatura troppo perfetta.
“Ok, Revoruc. A noi.”
“Quand è che imparerai a chiamarmi per nome? Comunque, questi sono i dati totali. Il tuo defunto suocero ha fatto un’opera meravigliosa, quand’era in vita. Non valgo nemmeno la metà di lui, come manager.”
Primo foglio, indicava le vendite del primo CD, La nascita, uscito nell’Aprile del 2008.
“Due milioni il primo anno? Scusa, così non siamo nella media? Dove sono i dati straordinari di cui parlavi?”
“Gira il foglio.”
Aprile 2009-Presente. 18 MILIONI DI COPIE. Il mio ultimo aggiornamento era rimasto a 12.
“Il boom delle vendite è avvenuto dopo il terzo tour. Soprattuto perché è il cd che contiene Saikyou. Il vostro album più venduto, a conti fatti. 20 milioni di copie non è roba di tutti. Il dato parlava anche della suddivisione demografica. 8 milioni in Giappone, 12 milioni nel resto del mondo.
“Questo era il potere di Akai. Aveva amici ovunque. Ha dato il vostro album a discografici esteri, facendovi vendere un botto. In patria non avete battuto il record detenuto da 16 anni ormai, ma globalmente siete primi. Grazie ad Akai Shiteru.”
Grazie ad Akai. Fosse solo per questo che dovevamo ringraziarlo. Questa era solo l’ennesima cosa da inserire in una lunga lista di ringraziamenti che avremmo dovuto fare, un giorno, se ci saremmo reincontrati.

Guardammo velocemente i dati del secondo e del terzo album, oltre ai dati dei vari concerti e del DVD/Blu-Ray live del terzo concerto. Prima di parlare del quarto album, suonarono alla porta.
“Oh, fratello nero, quand è che non ci vediamo? Ogni volta che ti vedo il mio cuore si riempe ed il mio portafoglio si gonfia!”
L’umorismo di Seyo era precipitato, da quando s’era sposato.
“Oh ecco, ora siamo tutti i maschi…oh beh, perlomeno tutti i maschi responsabili. Allora, avete deciso il nome del quarto album si o no?”
“Lascio decidere al boss, il 90% del disco è suo.”
“Sì, il titolo ce l’ho. Noi siamo nati circa 7 anni fa, cominciando tutto da un’idea di Akai. Chi si ricorda le battute che ci buttava con le sue figlie? Voleva che fossimo un gruppo musicale. E lo siamo diventati. Siamo nati grazie a lui. Ma ora lui non c’è più. Dobbiamo dimostrare al mondo e a noi stessi, che dobbiamo prendere ciò che ci ha dato, farlo fruttare e migliorare ancora. Questa sarà una nuova nascita. Il CD si chiamerà Rinascita. Ma dato che ci sono alcune tracce in inglese, inglesizzeremo pure il titolo.”
“Allora si chiamera Reborn?”
“Precisamente.”
Illustrai come volevo che lo scrivesse. “Re” minuscolo e “Born” Maiuscolo. reBORN. Perdemmo un po’ di tempo a cercare il giusto logo. L’idea ce la diede mia figlia, intenta a scarabocchiare dietro a noi. Un’artista nata.
“Ok, il mio ruolo qui è finito. Comincerò a mandare il logo al nostro grafico. Il CD è già in gold, dobbiamo solo finalizzarlo. Stavolta faremo un lancio di tre milioni. Senza Akai, la rinascita avverrà.”
Salutammo Revoruc, risposi alle molteplici domande di mia figlia, spiegandole nel frattempo che Revoruc non era sporco, dopodiché restai a parlare col mio migliore amico, con la quale non parlavo da parecchio tempo.
“Allora…che si dice?”
“Che si dovrebbe dire? Si invecchia. Sairyn è sempre indaffarata tra Akai e il lavoro, io tra lezioni di chitarra in entrata ed in uscita sono più impegnato di lei…ci vediamo si e no 4 ore al giorno, comprese le dormite.”

Non è detto che sposarsi voglia dire “vivere assieme”. Molte volte, vuol dire “risolvere i problemi insieme”.

“E tu non farla lavorare più. Non ha motivo di lavorare, siete praticamente ricchi, così come non l’avresti tu il motivo.”
Sapevo già la sua risposta. Ma volevo sentirla, ogni tanto mi faceva bene riascoltarla.
“Non può smettere. Quel lavoro è una delle eredità di suo padre. Se smettesse, lo infangherebbe. Direbbe che “essere ricchi non è una scusa per oziare” al quale seguirebbe una risata ed un “quindi non fate come me ah ah ah!”, più o meno.”
Seyo non era minimamente capace ad imitarlo. Nessuno lo era.
“Lo so, lo so. Anch’io mi do’ da fare, nel mio piccolo. Guarda qui.”
“La seconda parte del libro? Quella sul come si viaggia meglio nel tempo?”
“Sì, mio nonno me l’ha data ieri. Ma dopo ti racconterò meglio. Devo chiederti un favore. O meglio, devo chiederlo a tuo fratello.”
“Mh?”
“Seika è a pezzi.”
Raccontai brevemente la situazione. Seyo, appena capita la situazione, chiamò immediatamente il fratello, la quale si trovava a New York. Lo sentii allarmato dal telefono. Non aveva molti impegni, il suo prossimo incarico era tra tre giorni. Ma il viaggio sarebbe stato lungo, e l’attesa l’avrebbe fatto innervosire ancora di più.
“Dice che verrà prima possibile. Ma il viaggio durerà 15 ore, più il fuso orario.”
“…ok. Ci penso io.”
Non ero ancora pratico con la distorsione spaziale, ma un’amica aveva bisogno di me. Dire a se stessi di non poter aiutare perché non si è in grado, è una sottovalutazione che sa di egoismo.
“Fatti dire esattemente dov’è.”
“All’86esima dell’Upper East Side, di fronte al parco.”
“Puoi controllare le coordinate geografiche?”
Accese il computer, facendo una piccola ricerca. Ovviamente non trovò il numero, ma numeri identificativi del quartiere.
“40 latitudine, -73 longitudine.”
“Ok, ci provo. Augurami buona fortuna.”
Non feci in tempo a sentirlo che scomparì nel nulla. Trovandomi in una scura città. Scura perché era sera. Non capivo perfettamente se mi trovavo dove volevo arrivare. Solo un oggetto poteva risolvere ogni mio dubbio. Comprai un giornale.
Data: 4 gennaio 2015.
Ok, quello era giusto.
In prima pagina vi era una notizia che destò la mia attenzione. Presi l’iPhone per tradurla.
La notizia principale diceva: “Il killer Murai Desyo torna in vita! Dopo più di 10 anni di inattività si riparla del killer giapponese!”
Titolo troppo lungo, in Italia sarebbe stato stroncato.
Ciò non cambia che era importante.

[“Allora, siamo arrivati?”
“Ma pensi che sia facile raggiungere il Giappone dal New York? Eh? Non ho un dono naturale, io! Non sono un genio come mio nipote! Anche se quell’idiota non riuscirebbe mai a sfruttare tutto il suo potenziale! E poi devo piegare lo spazio intorno a te, ed è ancora più difficile!”
“Sì, come vuoi. Basta che ti sbrighi. È da troppo che non uccido. E davanti a me ho solo una persona.”
“Se mi uccidessi resteresti bloccato nello spazio. E comunque, io vedo il futuro, ricorda.”
“Sì, sì, bla bla. Se lo sapevo portavo un pianoforte. È da parecchio che non suono. Quando vivevo in incognito in Giappone, ero un pianista famoso, te l’avevo detto?”
“Sì, un miliardo di volte. Non mi meraviglia che tua figlia sia diventata pure una pianista.”
“Ah ah, modestamente. Tale padre tale figlia. Comunque, una volta in Giappone voglio usare il mio vero nome.”
“Fai quello che cavolo vuoi. Tra mezz’ora comunque arriveremo”.]

Nel giornale vi era una foto del killer in gioventù. Una faccia familiare. Sì, certo, doveva somigliare a Seika. Ma non solo. Avevo già visto quella faccia, ma non ricordavo dove. Ah, mente mia, non funzioni mai quando servi. Ma non c’era tempo da perdere, dovevo andare da Izuru.

[MENO DODICI]
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

lunedì, gennaio 24, 2011

Le migliori frasi delle canzoni di Utada parte 3 - Deep river

Terzo album, uscito nel 2002. Testi sempre di Utada (con la minima eccezione di Final Distance, cover di Distance del suo precedente album, ma alla fine il testo è sempre suo)
Perchè prendo lo stesso pugno nello stomaco
di nuovo e di nuovo ancora?
E perchè vado incontro ad una nuova battaglia invece di fermarmi?
Misteri della vita.
[Sakura Drops]

È il tempo che tutti comincino a danzare
I miei desideri nascosti non possono aspettare
Iniziano a muoversi stanotte
[Traveling]


Continuare senza chiedersi nulla...
Se questa è la "felicità"
Allora ne voglio di più

Essere felici
L'ambizione ufficiale
Domani sarà un giorno migliore di oggi

Aspettare per sapere cosa succederà dopo
Ho visitato un saggio, ma quando lo feci
Mi disse "Non ti dirò nulla"
Molte volte prima della sofferenza io arrivo
Dietro la stessa porta e comincio a bussare
Ma se tu mi tendi la mano...

Noi saremo felici
Una speranza che persiste
La realtà non è come ci si aspetta...

Essere felici
Le scuse non hanno senso
Anche se noi prendiamo la strada più lunga

Vuoi veramente vedere
Un giorno più chiaro quando guardi questa strada, a me
O vuoi davvero essere infelice
Passando così un altro giorno, e poi andare avanti, non da me
[Shiawase Ni Narou]

Questa è la strada che ho scelto o, forse, è la mia destinazione.

Questa spada non è stata affidata
Ad uno che conosce il suono di due spade che duellano tra di loro
Chi potrebbe proteggere con così tanta inconsistenza?
[Deep river]

Cammino sopra la calda sabbia, attraverso la spiaggia
Dove le notizie brutte non arrivano
Anche senza te, il sole sorgerà
È l'inizio di un nuovo giorno

Proprio come l'Amida-Kuji che ho scelto oggi [una specie di lotteria], io non so dove porta.
È per questo che, nonostante stia impazzendo, lavoro ogni giorno.

Ah, su nel cielo con due mani...la tempesta nel cuore...
Ah, addio a te,...Ah, su questa spiaggia, una lettera è stata lasciata.
Ah, anche nei sogni, anche nel telefono
Ah, voglio sentire la tua voce!
Ah tu, anche se non sai comunicare, una lettera sarà sempre qui intorno.

Occasionalmente le persone dimenticano di mantenersi in contatto quando sono occupati
Ma questo capita a tutti una volte o due.

Le persone anziane con la quale ho parlato oggi dicono che è buono stare da soli.
Ne dubito...Sono ancora nel processo che ci devo pensare su.

Ah, dai un nome ad un fiore, dai ad una stella un desiderio
Ah, a me dai te. Ah, le decorazioni di questo davanzale della finestra sono sempre una lettera.
Ah, anche solo un po', anche solo la tua maglietta
Ah, voglio toccarti!
Ah, ricordo che l'ultima volta hai detto "Tornerò definitivamente!"

Ah, ti darò un posto piacevole, un continuo del mio sogno
Ah, un "Sono tornato" a te
Ah, da qualche parte in questo mondo, io sto ancora mandando a te
Ah, anche nei sogni, anche nel telefono
Ah, voglio sentire la tua voce
Ah, se non sei bravo a riferire, allora la prossima volta che scomparirai, non avrò bisogno di nulla.




Mi hai detto che non te ne saresti andato più
Quindi cominci a camminare e te ne vai
Che diavolo sta succedendo?

Mi hai detto che mi amavi veramente
Quindi cominci a camminare e te ne vai
Che diavolo dovrei fare?
[Letters]
[PS è tutta]

La miglior difesa è l'attacco

È una missione l'aver deciso di continuare, anche con me stessa
Non è come dire che ho amato qualcuno
Punto al bersaglio
Sto lanciando il mio cuore a te


Il colore di un gioco d'artificio che illumina un lato del mio viso
Il cielo solitario che sembra sorridere
Le bellissime stelle rallentano il mio viaggio casalingo
Non potrei chiedere nulla di meglio
Una passione che mente dentro il cuore
Come un corridore che non manca nessuna piccola opportunità
Sto rubando il tuo cuore

Come un cacciatore che fa cadere le loro armi ai loro piedi
Io sto mostrando il mio cuore

Come un battitore alla fine del nono inning
Io sto lanciando il mio cuore
[Play Ball]

Oltre le montagne, attraverso il mare, saltando oltre il guard rail
Adesso, la stessa ombra che mi seguiva in qualche modo è arrivata in città.

Apro la finestra, osservo la mattinata
Do' ai fiori l'acqua
A volte anche io, mi "secco" a parlare
E desidero cose stupide.
Fissare un incontro a tempo limitato è appunto uno stupido nonsense
Chi ti fermerà dal venire qui?

Voglio dormire nella notte che non dorme
Adesso capisco realmente la libertà
[Tokyo Nights]

Come una piccola, preoccupata licantropa
"Salvami per favore, dottore
Il mio cuore sta prendendo il dolore tutto in una volta"

Posso crederti stanotte?

Io scappavo sempre quando io volevo essere catturata
Sono la migliore nel cadere dentro le mie stesse trappole
A volte può essere bello

La conclusione della licantropa
"Salvami per favore, cacciatore
poco prima che la mia voce si fermi del tutto"
[A.S.A.P.]

Nei miei sogni ho visto
Una pianura distesa tanto quanto i miei occhi possono vedere
Dove le bugie non fioriscono
Ti sto aspettando lì

Una storia dalle emozioni finite
Iniziata il giorno in cui dicesti "Ti amo"
Non posso attendere l'inizio della seconda parte

Invece di dubbi infinit
Voglio sentire un dubbioso "Ti amo"
Fino alla fine




Le parole non possono essere prese pienamente in fiducia
ma quando sono trasportate dalla voce, dovrebbero essere leggermente più trasportate



Guardo dietro alle ombre fuggenti lungo la strada
Quel "Ti amo" che non ti dissi
Non posso riprenderlo nemmeno se mi impegno con tutta me stessa

Guardo dietro alle ombre fuggenti lungo la strada
Quel "Ti amo" che mi dicesti
Non posso aiutarti ad insegurlo
[Uso mitaina - I love you]

[Final distance uguale a Distance]

Non importa quando
Sono semplicemente sola
Il destino mi ha dimenticata

Dentro la luce mi sveglio
Nel mezzo della notte

Un desidero che dovrebbe essere detto, ma invece viene represso

Entrare in una strada rumorosa
Ed indossare la maschera del destino

Il futuro ci precede sempre
Anche se non lo sappiamo

Spegni la televisione, e guarda me

La luce conosciuta come "te" mi ha trovata
Nel mezzo della notte
[Hikari]

FINE PRIMO TEMPO

sabato, gennaio 22, 2011

Resoconto videogames mensile

Giochi finiti in questo mese (PASSATO):

Parasite Eve II (SquareSoft, PS)

Crash Twinsanity (Traveller's tales, PS2)


Crash Tag Team Racing (Radical Entertainment, PS2)

Spyro; Enter the Dragonfly (Check Six Games, PS2)

God of War II (SCE Santa Monica, PS2)
Ninja Gaiden Sigma (Team Ninja, PS3)

Ratchet and Clank: Armi di distruzione (Insomniac, PS3)

Assassin's Creed (Ubisoft Montreal, PC)

Penso sia tutto...1 gioco PS1, 4 giochi PS2, 2 giochi PS3 ed uno PC.
Ancora Gennaio non è finito...(PS imho, il migliore tra questi è Parasite Eve II)


Giochi con la quale sto giocando (PRESENTE):
Spyro: A Hero's Tail (PS2)

Crash of the Titans (PS2)

Ratchet and Clank: L'altezza non conta (PS2)

Call of Duty: Black Ops (PC)


Sporadicamente:


















Giochi col quale giocherò (FUTURO):
 (Intorno Febbraio)
(Fine Febbraio)
(Appena lo trovo a prezzo ridotto)
18 MARZO. Al massimo, prorogherà una settimana.

martedì, gennaio 18, 2011

Un futuro già vissuto REBORN, parte due: passato e presente

“Com’è finita?”
Non capii subito la domanda di mia moglie, forse perché ero ancora sovrappensiero. Destai un attimo la mente dai miei pensieri per darle un po’ di conto.
“Mi ha dato il libro. Ancora non l’ho letto, ma sembra sia quello autentico. Non ho ben capito perché l’ha fatto, so solo che sono dentro al suo gioco. E per adesso, mi conviene.”
“Quale gioco, papà?”
Non potei fare a meno di sorridere a quella domanda, così innocente, pronunciata da mia figlia. Quelle tre semplici parole che riempivano il mio cuore. Mi avvicinai a lei e la abbracciai. Dopodiché, mi fece un’altra domanda.
“Papà, mi racconti ancora la storia fantastica che mi racconti sempre?”
Storia fantastica? Le raccontavo gli ultimi tre anni della mia vita. Ma forse, agli occhi esterni, persino di mia figlia, era una storia fantastica.
“Ok, piccola mia. Dove siamo arrivati, l’ultima volta?”
“A quando l’eroe della storia incontra il suo papà che è venuto dal passato boom!!!”
Forse non era buono inculcare tutta questo sapere ad una bambina di tre anni.
“Allora…”
Non parlai alla bambina, ma a me stesso.
Cominciai a ricordare.

Dopo l’incontro con mio padre, andai nel futuro, alla ricerca della seconda parte che mio nonno teneva con sé. Andai, senza accorgermene, nel 2100. Trovai un mondo devastato, una Terra in procinto di essere distrutta. Capii dopo di trovarmi nella cosiddetta “Persecuzione”. Andai a casa di mio nonno, trovando un appunto.
“Non so in che anno sei, ma se stai leggendo questo biglietto vuol dire che sei andato troppo avanti. Devi capire quando scoccherà la tua ora. Decifra il numero!”
Il numero. Quel numero, pensavo non avesse una propria logica.

Poi iniziai a riflettere. L’aria del 2100 ispirava particolarmente.

Il numero di mio nonno comparì nel ’58. Sua moglie morì nel ’63. 7 anni. Quanti i numeri nel tappeto. Se la matematica non è un opinione, un numero doveva durare ogni anno.
E mio padre?
Mi disse che il suo 7, in procinto di diventare 6, comparì nel ‘94. Lui morì nel 2006. 12 anni. Un 6. Mmm…
Ogni numero doveva durare due anni.
Mio nonno, primo Legato: un anno per numero.
Mio padre, secondo Legato: due anni per numero.
Io, terzo Legato: tre anni per numero?
Quale fu il primo numero che notai?
Il 7, nel 2006.
Nel 2010, vi era il 6 che diventava 5.
Il 6 poteva essere comparso nel 2009, secondo la mia teoria.
2012, cinque. La morte di Akai.
Presente, 2015. 4.
Combacia.
Mi bastano due rapidi calcoli per capire la data ultima di tutto ciò.
2027.
Ringraziai mio nonno, prima di tornare nel presente, per poi andare nuovamente nel futuro. Anno 2027.
Un’immagine già vista.
Rividi quella tomba, quel cimitero, quella pioggia. La stessa immagina che vissi tempo fa. Pensavo di trovare l’altro me compiere le stesse azioni, ma non c’era. Non eravamo in un episodio di Ritorno al futuro. Quando io viaggio, mi fondo col me del futuro per abituare il presente. Senza stravolgere il continuum temporale.
La lapide non era ancora rovinata dal fulmine. La cercai attentamente, avrei avuto alcuni dettagli.
E li capii. Capii che avevo sbagliato TUTTO.
La lapide c’era. Ricordavo vagamente un “Legato” ed un “2027”.

NO.

Il fulmine aveva depistato le mie tracce.
Il nome era Seiryn Legato.
La data era 1990-2021.
Il fulmine aveva modificato l’1, facendolo diventare un 7.
Numeri simili, ma mai mi sentii più angosciato come quando rividi quella tomba.

Avevo sbagliato i miei calcoli.
Mia moglie aveva gli anni contati.
9, per l’esattezza.
Sempre se ancora mi trovavo nel 2012.
Doveva coincindere col numero 3, in effetti.
E SE AD OGNI NUMERO MORIVA QUALCUNO A ME CARO?

No, non aveva senso.
Andai nel 2021.

Fermai il mio racconto quando vidi mia figlia cominciare a sbadigliare. Sicuramente aveva molto sonno, il viaggio l’aveva stancata. Io e Seiryn l’accompagnammo fino al suo letto, dove cominciò a dormire lacrimando. Magari il suo cervello non comprendeva, ma il suo cuore capiva che qualcosa non andava.

“Allora, cos’hai scoperto?”
“Nulla, oltre quello che ti ho detto. Mio nonno vuole formare la terza parte del libro, e dice che per riuscirci ha bisogno di mio padre.”
“E cosa significa? Da quello che ho capito, non siete capaci di viaggiare nel passato, o sbaglio?”
“Precisamente. Anche se mio padre potrebbe benissimo fare un improvvisata come quella di tre anni fa, in effetti. Non lo so, è tutto così strano…voglio solo che tu non muoia.”
“Non morirò, almeno fin quando starò con te. E se dovessi morire accanto a te, allora non sarebbe per me una morte, ma un passaggio ad una vita migliore.”
Era il suo potere. Riuscire a farmi stare meglio.
Si creò un idillio meraviglioso, rovinato clamorosamente dal suono del campanello della porta.
“…non apriamo.”
Volevo fare la parte del bambino senza responsabilità. E me ne pentii. Seiryn si allontano lentamente, sorridendo, avvicinandosi verso la porta, aprendo.
Di certo, non mi aspettavo che venisse proprio lei a casa mia. Quale onore portava Seika Desyo nella mia umile dimora?
“Ciaoooooooo Akiraaaaaaaaaa!!!”
Che fossi l’unico ad essere realmente cresciuto?
“Ciao anche a te Seiryn!! Vi trovo bene!!! Come state?”
Dovevamo riempirle la testa di nozioni temporali? Non credo che ne fosse il caso. Uscì dalla nostra bocca solo un flebile:
“…tutto a posto, grazie. E tu?”
“Perfetto. Divino! Whaaaa! Una meraviglia!!!”
Lo disse mentre piangeva.
Seiryn si avvicino a lei, preoccupata per l’amica sempre solare. Per la prima volta vedemmo Seika piangere. Era uno spettacolo impossibile da pensare.
“Perché piangi, Seika? Forse Izuru…”
“No, no, Izuru non c’entra nulla. Lui è sempre meraviglioso *sigh*. Sarei andato da lui, se non fosse costantemente fuori città. Tra te e Sairyn, ho preferito venire da te con la quale ho stretto di più. E poi Akira è più saggio di Seyo!”
Era il suo più grande potere. Essere felice anche nella tristezza più assoluta. Penso che un umano, raggiunto questo, possa poter esclamare di “essere arrivato”, qualunque fosse il suo traguardo.
“E allora chi, Gikam?”
“No, lui ormai mi ha dimenticata, attorniato dalle sue “Gikambine”, come le chiama lui. No, no. È qualcosa che non vi ho mai detto. Date un’occhiata a questo.”
Prima di darci una busta, Seika aggiunse una frase.
“Per questo, sono venuta da voi e non da Seyo.”
Aprii la busta. Cominciai a leggere.
“Mi hanno rilasciato, finalmente. È da molto che sono dentro. Scusami se ti ho mentito sulla mia incolumità, in realtà non mi sono mai suicidato in prigione. Ho conosciuto un uomo, che si fa chiamare Legato. Ho fatto dei viaggi incredibili con lui, mi ha fatto capire molte cose. Non ti chiedo di credermi, ma almeno di comprendermi. Verrò tra una settimana, se le condizioni sono favorevoli. Con amore, il tuo papà.”
? Seika aveva un padre?
“Avevi un padre in prigione? Che a quanto pare ha avuto a che fare con mio nonno…scusami, non dovresti essere contenta che lo rilasciano? Per quanto possa essere spregevole l’azione che ha compiuto per farlo andare in prigione, l’amore di una figlia dovrebbe superare tutto ciò, no?
“…”
Cominciò a singhiozzare. A volte dovrei tenere la mia bocca chiusa. Sembra che stesse ricordando qualcosa di impossibile da condividere.
“Mio padre…anzi no, quel mostro…uccise mia madre quando avevo cinque anni, di fronte a me…e mi ha…mi ha…molte volte…lui era forte…e io non riuscivo ad oppormi…whaaa!”
Cadde in ginocchio con le mani sulla testa. Cominciando a piangere molto più forte. Era ovvio cosa ci volesse dire, una situazione molto simile di “Mary” dei Gemelli DiVersi. Oltre all’omicidio della madre, ovviamente.
Capii che la situazione era delicata, che era mio dovere aiutarla. Come membro del gruppo. Come amica. Come nostra mascotte. Come compagna di vita. Come sorella.

Ma in tutto questo, COSA C’ENTRAVA MIO NONNO?

[MENO TREDICI]
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

lunedì, gennaio 17, 2011

Le migliori frasi delle canzoni di Utada parte 2 - Distance

Secondo album, uscito nel 2000. Come sempre, testi di Utada.

Guardando indietro non dovresse essere più facile parlarne, non credi?
Aspetta. Sono sicura che se cominciassi a comprendermi un po' meglio, una pioggia migliore cadrà.
"Idiota". Mi hai chiamata così.
A volte sentirti solo va bene
[Difficile tradurre il resto]


Nonostante le gomme non si consumino alla nostra vista
Mi chiedo chi sia così ipocrita da non premere a fondo l'acceleratore





Oh aspetta e vedrai. A volte, anche il dolore fa bene.
Sicuramente perché c'è del rischio coinvolto
che da' del significato al credere.
Oh non riesci a vedere?
Anche se aspettare non è una mia qualità
È troppo presto per cominciare a rimproverarsi

Vuoi davvero proteggerti con quel tuo freddo atteggiamento?


DAMMI IL POTERE DI ACCETTARE L'IMMUTABILE, E DI CAMBIARE L'INACCETTABILE
[genio, genio]

Forse sarebbe più facile se io volassi via lontano
Ma non avrebbe senso
Perché non importa dove vado, io resto sempre me.

Se la chiave è troppo alta, puoi lasciarla andare
La canzone ha il potere di non cambiare
L'afflizione passa da un solo punto
Come un braccialetto troppo grande, prima o poi scivolerà via

(Non credere finché non vedi tutto ciò che c'è da vedere...)
[Wait and see -RISK-]

Voglio avvicinarmi ai tuoi pensieri

Ti ho mandato segnali da qui
E tu ancora non li hai decifrati

Sai mantenere un segreto? O è questo il segreto?
[Can you keep a secret?]

Tu, che puoi ferirmi con una sola parola, che mi stai insegnato cos'è la solitudine.
[Distance]

Ogni volta nascondo le tracce delle mie lacrime attraverso gli occhiali da sole
E credo che divento piano piano più forte
Quindi capisco che c'è qualcosa di sbagliato con tutto questo

La verità è che sono una piagnucolona ed una pretendente codarda.

Noi siamo nella stessa situazione
Altrimenti non potrei capirti.
Dio, sono sola? Per questo tu puoi salvarci.
[Sunglass]

Se tu scegli un'altra strada, potrei essere il tuo nemico
[Drama]

Non c'è strada che porta all'eternità (insieme)
E se ci fosse, probabilmente ne prenderei un'altra
[Addicted to you]
[Ho preso una frase sola, ma il messaggio della canzone è bellissimo, solo le frasi dalla quale è composto non mi piacciono.]

Quando uso le mie cuffie e mi nascondo tra la folla
Pensi che io stia già cancellando me stessa?
[GENIALE]

La musica che accompagna ogni mio passo scompare
[For you]

Quest'ombrello, purtroppo, è perfetto per questa notte di errori
Copre la mia faccia striata dalle lacrime

Se incolpassi qualcun altro
Non mi farebbe meno male
[Kettobase!]

Non importa quante volte guardo nel frigo, esso mi da' sempre la stessa risposta [AH AH AH]

Oh no, questa è una parodia
Ma è la storia della mia vita

Lo so che ci sono tante storie
Ma per me, questa è la storia della mia vita
Non sto imitando nessun'altra
E sto per scrivere il continuo

Su fino al settimo piano, per favore
L'ascensore è sorprendetemente sorridente

Oh no, tutto è una parodia
Ma per gli altri, è una storia vera

Oh no, probabilmente pure questa è una parodia
E per un estraneo, sicuramente una storia falsa
[Parody]

Sto sognando un sogno che non voglio dimenticare
[Kotobani naranai kimochi]

Quand anche stessi sempre in piedi, la verità non scomparirà

"Mi sento come se non potessi vincere, tu sei sempre così forte e non piangi mai"
Errore tuo

Dopo essermi svegliata da un sogno, vorrei dormire ancora
I realisti probabilmente non capiranno
[Hayatochi-remix]

domenica, gennaio 16, 2011

Le migliori frasi delle canzoni di Utada parte 1 - First love

Prefazione
 Avrei voluto mettere tutto in un post, ma dopo aver visto che solo il primo album è chilometrico, dividerò il post principale in vari post. Questo riguarda il primo album, First love, del 1999 (Utada aveva 17 anni). Tutti i testi sono composti da lei.


È automatico
Quando provo ad accedere
Dentro lo schermo del computer
Le parole brillano
[Automatic]

Le tre di notte
Il telefono sotto il cuscino
Attendendo che suoni
Non sembro una stupida?

Anche se non dovrebbe diventare doloroso, perché lo fai?
Penso che sia ancora troppo presto per me
Fare il ruolo della donna buona e tollerante

Le promesse
Le ho già dimenticate
Ti ho anche ritornato l'anello
Quindi adesso ritornami il cuore
Io andrò avanti senza te

Perchè è spiacevole
Sarò io quella che romperà
Anche se faccio la parte della donna buona
Non è semplice!!!
[Movin' on without you]

Anche la lotta può essere bella
Ma sta cominciando a stancarmi
E quando zittisco i miei occhi
Sogni e realtà diventano una cosa sola
Per questo io ti sogno
Fuggo all'interno dei miei sogni nella mia stanza
Quando chiudo la mia bocca, bugie e verità
Sono esattamente le stesse

È una zona privata, solo per me
Perché sono sempre alla ricerca di un posto alla quale appartenere?
[In my room]

[Per First love non si possono prendere solo pezzi di canzoni. Qui la traduzione completa.]

Ho sempre detto
Che piangere non risolve nulla
Ma nessuno piange con quel proposito in mente
[Time will tell]

Nascondiamo la verità nella migliora bugia
E deviamo la realtà col sogno più accurato
Noi siamo così insieme, ma
Non voglio perderti
Perché sono così preoccupata?
Non è ciò che pensavo dell'amore costante

Calciamo via le nostre scarpe insieme
E corriamo con i nostri piedi scalzi
-Non ti lascerò andare-
Nuotando intorpiditi
E correndo nell'ansietà
-Non ti lascerò andare-

Anche se sono accecata dal sole
Non lascerai andare la mia mano
-Non ti lascerò andare-

Lascio la tristezza alla gentile pioggia
E ricordo la felicità
Non posso guardare al futuro
Ma non mi preoccupo
Dove saremo domani?
[Never let go]

Le persone che fanno i buffoni sono probabilmente solamente nella solitudine
Io ero così


Se io provassi a mettere a parole i miei attuali sentimenti
La magia sparirebbe
Finché questo momento non finirà
Non dire nulla

Anche se tu ferisci me
Anche se io ferisco te
Per sempre, come Bonnie e Clyde

Non mi promettere nulla
È meglio se il futuro è incerto
Costruiremo noi stessi le nostre opportunità
Andiamo e proviamo
[B&C]


Quando le tue lacrime
Echeggiano nell'aria
Le mie braccia tremano leggermente

Questo pianeta è troppo grande ora che sono sola
Dammi un'altra possibilità

È così naturale che non può essere un errore

Non importa quanto provi a spingermi via
Non posso nasconderlo
Ho gettato via il mio orgoglio
E ora ti sto supplicando

Sono alla tua ricerca
In questo labirinto infinito

Ma le lotte giornialiere fermano il messaggio prima che arrivi a te
Non importa quanto stretto ti tenga
Probabilmente non riceverai il messaggio
[Another chance]

Questa notte è come se fossi inseguita da una libertà che è piena di contraddizioni

Anche se grido "Non voglio essere limitata da nessuno"
Sto cercando un limite
Non voglio essere protetta
Voglio qualcuno da proteggere

Anche senza motivo, io riderò ogni volta
[Give me a reason]

mercoledì, gennaio 12, 2011

Un futuro già vissuto REBORN, parte uno: conti in sospeso

Pioveva. Una lunga tormenta si era abbattuta, in quella città, ormai da tempo. Avevo dimenticato la dolce ristorazione di un giorno rischiarato dalla luce del sole. Non sembrava più neppure una città. Ma il covo delle tempeste.

Come un degno emule di Utada, presi il treno con le mie fide cuffie. La macchina era, come al solito, in mano a mia moglie. Non c’era verso di usarla quando ne avevo realmente bisogno. Anche se, a conti fatti, non avevo più bisogno.

Finalmente arrivai fuori città. Quella strada sembrava infinita. Saranno stati pochi metri, ma la mia stanchezza indicava chilometri. Acquistai un giornale. Era da molto che non vedevo una data inferiore al 2020. Era da molto che non vedevo la data del presente. Diedi un occhiata rapida alle notizie, ma nessuna mi colpì particolarmente. Gettai il giornale in un cestino nelle vicinanze, mentre prendevo il mio cellulare che era intento a squillare. Ci stetti un po’ a cercarlo, nella mia borsa c’erano vari oggetti tecnologici, tra cui 4 iPhone e 2 iPad. Non riuscii a trovare subito quello che squillava, tra la prima categoria. Uno era riservato al lavoro, uno al pubblico, uno alla famiglia…e uno era il contatto diretto con LUI. Ma non era quello il telefono che squillava. Era quello riservato alla famiglia.

“Akira, sei arrivato?”
“Non ancora, Seiryn. Sono per strada. Tu a che punto sei?”
“Penso che tra qualche ora dovrei tornare a casa. Mi raccomando, non farmi stare in pensiero. Se il cambiamento del futuro implica la tua morte, allora lascialo com’è. La bambina è da mia sorella, giusto?”
“Sì, starà giocando con Akai. Se non fossero cugini, penso che si potrebbe combinare un matrimonio.”
“Riesci sempre a scherzare anche nei momenti più seri. Comunque, sta iniziando l’ultima lezione. A dopo, mi raccomando stai attento. Ti amo.”


“Anch’io. A dopo.”

Era una breve, semplice chiamata. Ma poteva essere l’ultima che facevo. La pioggia cominciò a decelerare, dando spazio alla mia accelerazione. Cominciai a correre. Cominciai a vedere da lontano la mia destinazione. La villa dei Legato. Dove avrei cambiato il mio futuro. Quel futuro già vissuto, sarebbe rinato.

Ma l’ospite d’onore mi fece la cortesia di non farmi attendere oltre. Lo trovai tra me e la villa. Non so se per piacere suo o per intralciarmi. Sta di fatto che entrambi avevamo lo stesso obiettivo, ma per fini diversi.

“Oh oh, guarda chi si vede se non il mio amato nipote. Sei qui per il libro, vero?”
Nel dirlo, uscì ciò che volevo. La dinastia dei Legato, parte seconda.
“Nonno, non sono dell’umore di contrattare. Dammelo.”
“Ma sì, che te lo darò. O forse no. Sai di cosa ho bisogno io. E per il mio obiettivo, servi tu.”
“No, che non lo so. Mi hai sempre dato frasi incompiute. Nonno, non sono qui per giocare. Devo cambiare quel futuro.”
“Esattamente come me. Comincio a sospettare che tuo padre sia stato l’unico della famiglia ad avere un po’ di buonsenso. O forse, era solo l’unico idiota.”
Scattai verso di lui. Arrabbiato.
“Ti alteri quando ancora toccano il tuo vecchio? Dopo quello che ti ha fatto? Dopo che ti ha nascosto la verità? Dopo che proferiva solo parole criptiche? No, non puoi biasimarmi. Non puoi dirmi che, nonostate tutto, lo amavi.”
“I miei sentimenti non sono affari tuoi. Comunque, ho una domanda. Perché non hai bruciato la seconda parte, come hai fatto con la prima?”
“Semplice. Perché qui c’è scritto qualcosa che devi sapere. Qualcosa che ci permetterà di comporre la terza parte.”
“Terza? C’è una terza parte?”
“Sì, nipote. Ed è quella che cerco. E per far sì che quella parte venga alla luce, ho bisogno dei poteri delle ultime tre generazioni di Legato.”
“!!! Questo vuol dire che…”
“Sì. Vuol dire che mi serve tuo padre. E per arrivare a tuo padre mi servi tu. Quindi, prendi questo libro e impara a controllare l’effetto farfalla. Io ti attenderò.”
Mi ritrovai col libro nelle mani. Minuscolo, esattamente come la prima parte. Mi sembrava di essere caduto in una sorta di tranello…ma non vi era un tranello. Non sapevo il suo obiettivo, ma a quanto sembra i mezzi per ottenerli sono simili ai miei.
“Ora farò un salto nel 2030, magari trovo qualcosa. A proposito, non provare a fare scherzi strani, tipo bruciare quel libro o rifiutare di aiutarmi. Ormai il tuo conto alla rovescia sta scadendo. Quindi, aiutami e tutti saremo contenti, giusto?”
“Tsè. Ma non ho altra scelta. Quindi, per adesso, siamo colleghi. Ma ricorda: prima di darti ciò che vuoi, devi dirmi cos’è che vuoi. Sei pur sempre un assassino. Lo sei stato in passato, lo sei adesso e lo sarai in futuro.”
“Certo, certo, non ti preoccupare. Ora torna a casa. Ho accelerato un po’ il tempo, tua moglie tornerà giusto quando rincaserai tu. E poi non dire che non ci penso a te. Ah ah ah!”
Detto questo, scomparì. Mi voltai percorrendo la strada al contrario. Un altro telefono squillò. Quello riservato al lavoro.
“Akira, sono io, Revoruc. Hai intenzione di confermare le parole che mi hai scritto nel messaggio di ieri?”
“Sì. Cambia tutto. Akira Farey non esiste più. In ogni cd, deve apparire Akira Legato. Mentre per Seiryn puoi mantenere il cognome da nubile.”
“Ok. Per il cd che sta per uscire…chi ci pensa alla dedica per il signor Akai?”
“Le figlie, io e Seyo. Penso che domani ci incontreremo, e ti faremo sapere. Grazie, Rev. A domani.”
“Di nulla, Akira. A domani.”
Posai l’iPhone nuovamente nella borsa. Chiusi gli occhi per trenta secondi, poi li riaprii. Non ero proprio a casa, ma ci ero andato molto vicino. Col teletrasporto avevo ancora dei problemi, forse perché oltre che piegare la linea temporale dovevo piegare pure quella spaziale. Ma l’importante è aver risparmiato la strada.
Prima di arrivare a casa, comprai un altro giornale. In questo, c’era l’articolo che mi interessava.
Arrivai a casa molto prima di Seiryn. Il nonno aveva fatto male i suoi conti. Entrai nella mia stanza, chiusi la porta a chiave, dopodichè la piegai. Non nel senso di piegarla, ma di trasformarla. Nella sua corrispettiva stanza del 2100. Era il luogo più sicuro dove mettere i miei appunti, tanto la casa era abbandonata. Mi avvicinai nel muro dove tenevo appese tutte le notizie, e appesi pure quella che mi interessava dal giornale di oggi, 3 gennaio 2015. Ossia, che il leader dei Trespasser cambia cognome. La posizionai giusto a destra della foto che rappresentava l’evento che mi costrinse a fare quel lungo viaggio fuori città: una foto di Seiryn, morta, con un buco sullo stomaco. Controllai gli articoli, dopodiché tornai nel presente. Seiryn e mia figlia erano tornate. Asciugarono i loro piedi bagnati nel tappeto, dove io vedevo un fiammeggiante 4 coprire l’intero ingresso. La mia bambina non aveva idea di quello che avrebbe visto, per il solo fatto di essere mia figlia. Il suo futuro era già scritto. Toccava a me cambiarlo.

[MENO QUATTORDICI]
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

venerdì, gennaio 07, 2011

Un futuro già vissuto: LEGATO GAIDEN

Forse, ho commesso un errore.
Forse, ne ho commessi tanti.
Questo pensai quella notte di Dicembre, in quella camera d’ospedale.

Lasciate che mi presenti.

Il mio nome è Kiiro Legato, sono un ex cantante professionista del gruppo conosciuto come “Slashion”, famoso per lo meno in Giappone. Dopo la morte di un mio team mate, scappai da quella nazione. Mi sentivo la responsabilità sulla sua morte. Mio padre mi raccontò, tempo fa, che i Legato dovevano sopportare una pesantissima eredità. Lasciai il mio vecchio in prigione, anche se era totalmente libero di uscire. Io mi rifugiai qui in Italia, dove nessuno sembrava conoscermi, per lo meno.

Cominciai a capire di poter viaggiare nel tempo a 18 anni, nel 1978. Feci solo un piccolo viaggio, dove vidi me ed una donna, che scoprii essere mia moglie, morire in un incidente aereo. Rimasi sconcertanto da quella visione. Se non fosse stato per il conforto che riusciva a darmi mio padre, non sarei riuscito a superarlo. Mi diceva sempre che potevo cambiare quello che vedevo, se lo volevo. Difatti, drasticamente, andai in Italia. Non sopportavo mio padre, ma su una cosa aveva ragione: dovevo sfuggire alla morte.

Sposai una meravigliosa donna nel 1986, e l’anno dopo mi rese padre di un meraviglioso bambino, che chiamammo Akira. Non sapevo se avesse gli stessi poteri miei e di mio padre, ma non era tempo di chiedere, era solo tempo di crescere mio figlio.

Andai qualche anno avanti nel futuro, nel 2008. Vidi un concerto live. Mio figlio era a capo di questo concerto. Gli altri non li riconobbi, ma sembravano persone a posto. Chi ama la musica non può mai essere totalmente malvagio.

Ero felice del futuro che aveva scelto mio figlio. Un futuro che avevo già vissuto, ma che io avevo abbandonato. Decisi di non mostrarmi ai suoi occhi come un ex cantante professionista, volevo vedere se avrei indirettamente cambiato la sua storia o se il suo desiderio sarebbe rimasto tale ugualmente.

Ero pieno di pensieri positivi, su di lui, finché non mi ammalai.

Dicembre 1993.

Da qualche mese avevo iniziato a vomitare sangue, senza accorgermene. Concetta decise di farmi ricoverare. Mandammo Akira dagli zii materni e mi ricoverarono in terapia intensiva. Neppure mia moglie poteva entrare. La malattia era sconosciuta e stavano sperimentando giusto in quel periodo una cura. Mi misero in stanza con una persona che, a conti fatti, sembra avere la mia stessa malattia, ma ad uno stadio molto più avanzato. Anche se non la conoscevo, non avevo altro modo di passare il tempo.

“Buongiorno…anche lei afflitta da questa malattia?”
Rompighiaccio pessimo, ma non mi hanno mai insegnato come comportarmi in queste occasioni.
“Così sembrerebbe…anche se stanno sperimentando una cura, non ci ripongo molte speranze. Ho accettato la morte, e sono pronta ad andare. Ho solo un rimpianto, la mia famiglia. A proposito, lei come si chiama?”
“Ah si, scusi. Il mio nome è Kiiro Legato.”
“KIIRO LEGATO? Quello degli Slashion?”
Si alzò di botto. Fu un gesto fin troppo energico per una malata.
“Sì…come fa a conoscermi?”
Che domanda inutile. Quando si alzò notai subito che era una trentenne giapponese.
“Piacere di conoscerla. Il mio nome è Jun Shiteru. Mio marito mi ha parlato molto di lei.”
“Shiteru? Non sarà per caso…la moglie di Akai?”
Emise un flebile sorriso.
“Esattamente. Non l’avevo riconosciuta dal volto. È molto cambiato in questi dieci anni!”
“Ah ah, sì, lo so. Una volta ero molto più bello ah ah! Poi, purtroppo, la vecchiaia viene per tutti. Ma mi dica, Akai come sta?”
“Oh lui sta perfettamente. Non penso ci sia qualcosa in grado di farlo star male. Quando capirono che ero malata, tutta la mia famiglia fece il controllo per la malattia. Ovviamente, nessuno era contagiato. Questa malattia si trasmette solo tramite saliva e sangue. L’unico che poteva essere contagiato da me è Akai. Ma come ho detto, lui ha una salute di ferro.”
“Famiglia? Ha avuto dei figli con Akai?”
“Sì. Due splendide bambine. Si chiamano Sairyn e Seiryn. La più grande ha 5 anni, la più piccola 3. E lei, invece?”
“Suvvia, mi dia del tu. Comunque, sono padre di un maschio, Akira. 6 anni. Tre anni più grande della sua figlia minore. Che direbbe di combinare un matrimonio?”
“Dovrebbe chiedere a mio marito. È lui quello iper protettivo. E poi, io sto per morire. L’unico rimpianto che ho sarà nel non poterle vedere crescere. Nel non stare accanto a loro quando le servirà una madre.”
Io non ero rassegnato ancora totalmente alla morte. Lei, invece sì. Aveva accettato il suo destino. Forse, dovevo cominciare pure io ad accettarlo. In fondo, cos è la morte?
“Le spiace prendermi quel libro? Io, purtroppo, non ci riesco?”
“Quale? Quello nero?”
Lessi dopo che si trattava della Bibbia. Cominciò a leggere vari passi sulla morte, sulla risurrezione, di come la morte in Cristo Gesù è vittoria. Cominciai anch’io a non temere più la morte. Mi aveva riempito. Non avevo più paura di morire. Avevo paura della morte spirituale, ma non di quella carnale.
Quando le diagnosticarono le ultime 24 ore di vita, mi regalò la Bibbia e cominciò a parlare al cellulare con suo marito. Vidi lei piangere. Sentii lui piangere. La morte di per sé non è tremenda. Ma è lo stacco con gli affetti terreni che rende tutto più difficile.

Sarebbe toccato pure a me?

No. Mio padre aveva progetti diversi.

“Ben svegliato, Kiiro. Dormito bene?”
“Papà. Cosa ci fai qui? Di quale epoca sei?”
“Quante domande. Guarda cosa ti ho portato dal futuro. Una bella medicina per guarire. La vuoi, vero?”
“E se ti dicessi di no?”
“Ti obbligherei a prenderla.”
“Perché non sei venuto prima? Così potevamo salvare lei. Ha due figlie. Non sarebbe stato meglio per le loro bambine, se la loro madre fosse ancora viva?”
“Stammi a sentire, marmocchio. Io sono tuo padre. Io posso pensare alla tua vita. Non sono un salvatore di vite. Sono stato incarcerato ingiustamente, e non vado alla ricerca della santificazione suprema. Se vuoi sconfiggere la morte, qui hai la cura. Sennò, la riporto nel futuro e non ne parliamo più.”
Cosa dovevo scegliere? Non notai nessun lato negativo nell’offerta di mio padre.
Accettai.
Bevvi tutto di un sorso quell’intruglio. Mi sentii subito bene, ma dovetti fingere ai medici di stare ancora male. Mio padre cominciò a ridere, dicendo che aveva sconfitto il futuro che aveva vissuto. Dopodiché, scomparve.

Dopo qualche giorno, fui dimesso. Non avevo più alcuna malattia. Mio padre mi aveva salvato la vita. Ma mi sentivo sporco. Come se per la mia vita, qualcun altro ci aveva rimesso. Ne discussi con mia moglie.

“Senti, amore…per te è giusto che sia sopravvissuto?”
“Cosa intendi dire? Parli del viaggio nel futuro di tuo padre?”
“Non solo…anche la morte di Jun…è tutto così contorto…”
“Senti, Kiiro. Non è compito dell’uomo scegliere la morte e la vita. In un certo senso, tu hai barato. Ma chi non avrebbe fatto come te? Avevi le capacità per sopravvivere, e le hai sfruttate.”
“Ma se un domani dovessi morire…tu che faresti?”
“Morirò laddove morirà il mio amore. Quando ti sposai acconsentii ad essere un’unica carne con te. Se muori tu, muoio anch’io.”
Mi si aprirono gli occhi. Non avrei più rifiutato la morte. Quando sarebbe arrivata, l’avrei accolta. Fuggire non serve a nulla. Papà, hai sbagliato tutto.
Vidi mio figlio venire da me. Voleva stare un po’ con suo padre.
“Papà…cantiamo…canzone bella?”
“Intendi Wish? Ok, cantiamo…”
Cominciammo a cantare…senza rendermi conto che il 7, che stava tramutandosi in 6, cominciò a brillare, nel tappeto di casa mia.

martedì, gennaio 04, 2011

Un futuro già vissuto, quindicesima parte: un futuro già vissuto

Si dice che il lutto si elabori in cinque fasi.
Negazione, rabbia, contrattazione, depressione ed accettazione.

Non mi sono mai interessato troppo sugli studi psicologici di Ross, e difatti non so se ho mai superato tutte queste fasi sulla morte di mio padre. Sta di fatto che, un uomo identico a lui era davanti ai miei occhi.

“E pensare che ti ho lasciato pure una bella casa in eredità. Non hai proprio rispetto per il tuo vecchio. A proposito, in che anno ci troviamo? Ti sei fatto bello grande!”
Forse stavo dormendo. Forse stavo sognando.
Prima fase: la negazione.
Forse ero morto col signor Akai. Forse dovevo solo accettare che di fronte a me avevo Kiiro Farey.

“Che fai, non vieni ad abbracciare tuo padre? Secondo i miei conti, è da minimo cinque anni che non mi vedi!”
Aprì le braccia come invito per un eventuale abbraccio. Corsi verso di lui, ma gli tirai un pugno.
Seconda fase: la rabbia.
“Cosa ci fai qui?? Tu eri morto. Tu sei morto! E se non sei morto, mi hai lasciato sei anni in preda ai dubbi e ad un’adolescenza che sembra non finire mai! Perché non mi hai detto che amavi la musica? Perché non mi hai detto che conoscevi il signor Akai? Perché…”
Perché, perché, perché. Tentavo di chiedere qualcosa a ciò che io consideravo un fantasma.
Terza fase: la contrattazione.

Lui non reagì al mio pugno. Invece, mi abbracciò. La rabbia svanì. Cominciai a piangere. Non so quanti possono dire di aver provato un’emozione simile. Mi sentivo triste, ma felice. Ma ora era il turno della spiegazioni. Mi allontanai lentamente e chiesi a chiunque fosse quella persona delle spiegazioni.

“Allora, figliolo, partiamo subito in chiaro: io sono morto. Almeno, questo è ciò che mi sono preposto di fare oggi. Certo, così sembra una cosa un po’ controversa. Io vengo dal passato. Per me, oggi è il 30 gennaio del 2006. Pensavi di essere l’unico di poter viaggiare nel tempo? Tutti i Legato ci riescono. Io, tu, mio padre. E così via.”
Cominciai a non capire nulla. Mio padre mi suggerii di sedermi. Aveva molto da raccontare.

“Il tuo problema, Akira, è che non ti sei mai posto troppe domande. Ricordi cosa mi hai detto prima? Cioè, sei anni fa?”
Il giorno in cui andai allo studio? E chi se lo ricorda?
“Che non volevo che la mamma mi parlasse, che…”
“Dassi. Hai detto la parola “dassi”. Non ti sei chiesto perché non ti abbia corretto? Eppure pensavo che avessi capito quanto ci tenessi alla grammatica, a casa mia.”
Ho detto veramente “dassi”? E che vuol dire?
“Non ti ho corretto perché sapevo che sarebbe stato l’ultimo giorno della mia vita, e non avevo voglia di litigare anche per delle futilità. Ti sei mai chiesto come mai ho acconsentito a lasciarti in Giappone, senza insistere oltre? Ti sei mai chiesto come sia entrato qui il pacco, nonostante la doppia serratura che hai installato? Ti sei mai chiesto come mai non ti ho mai detto nulla del mio passato? Non ti sei mai chiesto nulla. Il dubbio crea l’uomo, ragazzo. Se non ti metti in dubbio, non riuscirai mai a capire quanto siano grandi le tue certezze.”
Si sedette. Sicuramente, aveva una storia molto lunga da raccontare.

“Nacqui nel 1960, in Giappone. Mio padre era italiano, mentre mia madre era giapponese. La prima cosa che ricordo della mia infanzia, sono i miei zii. Sono cresciuto sentendomi dire che i miei genitori erano morti in un incidente stradale, quando avevo due anni. Ma la verità era differente. Mia madre Fairy morì davvero, ma mio padre Stefano no, anche se ti dissi diversamente.”
Stefano. Ecco di chi parlava la mia prozia.
“La polizia lo arrestò per omicidio volontario, quando sicuramente la persona più scossa era sicuramente lui. Trent’anni di prigione, ma non era legato, nonostante il suo cognome. Poteva uscire quando voleva dalla prigione, grazie al suo potere. Molte volte, andava nel futuro e veniva da me quando ero un ragazzo, mi veniva a prendere da scuola e così via. Mi disse che era mio padre, anche se non ci credevo. Mi fece leggere un libro, che parlava della storia dei Legato. Era molto grande, ma mi fece leggere solo la parte importante, che riguardava le generazioni dalla 25esima alla 27esima, ossia lui, io e tu. A quanto mi raccontò, ebbe il suo primo viaggio nel futuro a 18 anni, nel 1957, dove vide la sua morte, e dove vide il famoso 7 marchiato nel tappeto. Lo vedi pure tu, vero? Ognuno può vedere il suo numero a partire dal 7. Anche se non ho capito la velocità di tale numeri, dato che il mio 7 non durò 7 anni. Come neppure il tuo, penso. Sta di fatto che, per evitare quel destino, mio padre scappò in Giappone, dove conobbe la mamma. Si sposarono giovanissimi, partorirono un figlio maschio cioè il sottoscritto, poi il numero nel tappeto divenne uno zero. Mio padre si salvò, mia madre morì.”
Stavo ascoltando senza interrompere, ma i dubbi mi attanagliavano. Non mi ero mai chiesto come mai il numero non l’avesse mai visto nessuno apparte me. Non mi ero mai chiesto nulla. Mio padre aveva ragione.
“Mio padre fu arrestato e io fu affidato ai miei zii. Negli anni 80 fondai gli Slashion, ma a quanto vedo lo sai già. Come l’hai scoperto?”
“…ricordi la ragazza di Seyo, di cui ti parlai? È la figlia di Akai.”
“Nooooo, davvero? Akai Shiteru? Ma non piaceva l’altra figlia, a te? Com’è andata?”
“Ci siamo sposati qualche mese fa. Ora aspetta un bambino.”
“Ma tu guarda le bellezze della vita! Chi l’avrebbe mai detto! E Akai come sta?”
“È morto oggi.”
“Ah. Se non fosse che dovessi morire anch’io, oggi, sicuramente mi dispiacerebbe, ma devo pensare anche alla mia di morte. E poi dalle mie parti ha ancora sei anni di vita, teoricamente. Comunque, di certo non è stato tutto merito del caso se oggi sei sposato con la figlia del mio migliore amico. Sai cosa successe a Saki, allora, vero?”
“Sì, a grandi linee.”
“Morì in circostanze analoghe alla morte di mia madre. Cominciai a pensare che tutto quello che diceva mio padre non era solo frutto del caso. Avevo viaggiato qualche volta nel tempo, secondo gli insegnamenti di mio padre, ma non avevo ancora il pieno controllo. Dato che non volevo portare altra morte e dato che mi sentivo in parte responsabile della morte di Saki, andai in Italia, dove avevo una casa dove abitavano i miei nonni paterni. Lì, seppi pure della notizia della morte di Kuroi, tramite la televisione. Fu un momento per me tragico. Cominciai a pensare di non portare nulla di buono. Poi, conobbi tua madre, Concetta. Riportò il sole nella mia vita. Ci sposammo e nascesti tu. Nulla poteva andare storto, pensai. Misi da parte la musica, promettendo a me stesso di non toccare mai più una chitarra e di non cantare mai, regola che ho trasgredito molte volte quando ancora eri un bambino. Ricordi cosa ti cantavo quando eri bambino?”
“Vagamente. Era una canzone cristiana, vero? Qualcosa con Face to face…”
“Esatto. Per l’esattezza, era Wish di Brian Littrell.”
“?? Ma il cd solista di Brian è del 2006!! Come facevi tu a conoscere vent’anni prima…”
Mi zittii da solo quando mi accorsi della domanda ridicola che stavo per porre.
“Oh, vero. Scusa. Continua pure.”
“Arrivammo in Italia, non prima di aver lasciato incarichi particolari al commissariato in Giappone. Volevo essere informato sulla scarcerazione di mio padre. Ero l’unico che poteva contrastare il suo desiderio di vendetta. Nonostante potesse viaggiare nel tempo, non aveva ancora raggiunto tutti gli stadi. Doveva leggere il libro scritto dal nostro progenitore, per apprendere tutto, come per esempio aumentare l’intensità dell’effetto farfalla ed apportare cambiamenti fisici nel futuro che visitava. Potere che, suppongo, nel tuo tempo ha raggiunto a pieno.
Crescemmo felicemente senza problemi, finché un giorno, al lavoro, presi una malattia strana. Una malattia dove, dicevano, avevano solo una cura sperimentale, che stavano studiando all’epoca. Mi portarono in una stanza isolata, dove vi era una altra persona malata di quella malattia. Parlo di Jun Shiteru. C’era pure sua figlia, suppongo che adesso sia tua cognata. Mi riconobbe facilmente, ero molto famoso per i trentenni giapponesi dell’epoca. Parlammo molto, finché lei non morì. Pensai che mi sarebbe toccata la stessa sorte, se mio padre non fosse venuto da me con una medicina del futuro. Pensai di doverlo ringraziare, ma non sapevo che l’aveva fatto per un suo tornaconto. Voleva dimostrare a se’ stesso che la morte dei Legato poteva essere evitata. Ma così non fu. Appena tornai a casa, notai il numero 7 tramutarsi in 6 nel tappeto.”
“…portò una medicina dal futuro? E la usò per curare solo te?”
“Molto probabilmente, non gli interessava nulla di Jun. Così come di me. Voleva solo dimostrare a se stesso di poter sfidare il destino. Nonostante ancora non aveva il potere di intensificare l’effetto farfalla, era pur sempre un uomo pericoloso.”
“…e quella medicina? Sapresti riprenderla? Possiamo usarla per curare il signor Akai. Possiamo…”
“No, figliolo. Non è nostro il compito, capisci? Non è nostro obiettivo cambiare il passato, il presente, ed il futuro. Anche se lo hai già vissuto ed è tremendo. Un futuro sconosciuto è migliore di un futuro già vissuto.”
Mi sedetti a pensare. Forse era egoista. Ma forse, l’egoista ero solo io. Continuò il discorso.
“Il 7 procedeva lentamente. Ricordo che il numero 4 era bello fiammeggiante, quando mi arrivò la chiamata dal Giappone. Mio padre era libero. Dopo 37 anni di carcere, l’avevano liberato. E io ero l’unico che poteva evitare una strage. Non sapevo ancora cosa avesse in mente, ma dovevamo andare. Così, nel 2000 partemmo in Giappone senza darti nessuna spiegazione. Ovviamente tua madre sapeva tutto. Era una donna che non si meritava affatto un uomo come me. Che l’avrebbe portata alla morte in giovane età.”
Chiesi una pausa a mio padre dal racconto per bere un po’ d’acqua. Cominciai a riflettere sulla mole d’informazioni che stavo ricevendo. Cosa voleva dirmi, che quando quel 5 avrebbe raggiunto lo 0 sarei morto? O sarebbe morta Seiryn? Non capivo. Non accettavo. Non…non sapevo.
“Eccoti di nuovo. Appena arrivati in Giappone, la prima cosa che feci fu far cambiare il cognome a tutta la famiglia. Kiiro Legato era ancora parecchio famoso, quindi scelsi il primo cognome che avevo in mente e tramutammo il Legato in Farey. Non dovevo incontrare nessuno, special modo Akai. Se avessi avuto troppi legami, la mia missione sarebbe stata molto più difficile. Tornai a casa di mio padre. Era vuota. Cercai il libro, ma ne trovai solo una parte, la seconda. Non feci in tempo a cercare la prima che vidi mio padre entrare. Cominciammo a parlare e mi chiese di consegnargli il libro. Mi rifiutai. Cominciammo una sfida senza esclusioni di colpi tra presente e futuro. Finii che riuscii a sigillare il libro nel 2010, in qualche modo. Non poteva agire sul futuro, quindi gli fu impossibile recuperarlo fino a quell’anno. E finché non aveva piena padronanza dell’effetto farfalla, non poteva riprenderlo in alcun modo. Promise di uccidermi, ma si rimangiò la parola quando mi fece uscire di bocca che non avevo ancora molto tempo allo scoccare dello zero nel tappeto. Se ne andò ridendo, cercando la prima parte del libro. Non avevo più la forza di contrastarlo. Senza contare che la prima parte del libro ce l’avevo io, con me.”
Uscii un piccolo libriccino con scritte minuscole, il cui titolo era “La dinastia dei Legato – Parte I”. Non c’era verso di leggerlo senza lente d’ingrandimento.
“Qui ci sono le basi sul viaggio del tempo, cose che mio padre scoprì andando nel futuro e leggendolo per conto suo, poi bruciandolo. Difatti, questo libro brucerà tra qualche giorno. Quindi usalo per imparare le basi sui viaggi del tempo. Lo lessi pure io, e cominciai a viaggiare nel tempo. Capii che sarei morto nel 2006, quindi cominciai a pensare su cosa dovevo fare. Sapevo come sarei morto, ma se volevo potevo facilmente evitarlo. Parlai con tua madre, che mi disse delle semplici parole “Andrò dove andrà il mio amore”. Lì capii che non potevo rifiutare il mio destino. Avevo abusato di un potere il quale prezzo è la morte. E così, oggi morirò, ma penso che tu lo sappia. Appena tornerò nel mio tempo consegnerò il pacco con gli effetti personali ad un postino, che te li consegnerà. A proposito, hai ricevuto l’eredità?”
“…sì. Era un viaggio nel futuro dove mi informarmi della morte del signor Akai?”
“Esatto per metà. La tomba che dovevi vedere era la tua, teoricamente. L’eredità ti doveva spedire a qualche giorno dopo la fine del conto alla rovescia. Non hai visto la tua tomba, nel futuro?”
“Un fulmine l’aveva rovinata.”
“Capisco. Dovevo stare più attento. Comunque, penso di non aver più nulla da dire. Sono totalmente tuo, per ancora qualche ora. Dimmi quello che vuoi.”
“Il nonno…trovò quel libro?”
“Penso di sì, anche se nel 2010. Ma oltre questo, non so quale possa essere il suo obiettivo.”
Non avevo più nulla da chiedere, aveva già risposto a tutto. Volevo solo raccontare. L’università, i Trespasser, i miei amici, il matrimonio. Mio padre era lì per ascoltarmi. Cominciai a ridere, nonostante la tristezza di quel giorno.

Ma non poteva durare per sempre.
“Il mio tempo sta per finire. Devo tornare al presente. Ho un’appuntamento con la morte. Mi sono già preparato psicologicamente, non la temo. Senza contare che ho fede sul dove andrò. Leggi ancora quel meraviglioso libro che ti ho lasciato dopo la mia morte?”
“S…sì…ma solo una volta all’anno.”
Cominciai a piangere. Stava per salirmi tutta l’angoscia.
Quarta fase: la depressione.
“Male, dovresti leggerlo più spesso. Su quel libro ci sono tutte le risposte di cui hai bisogno. Se ti senti solo, o abbattuto, o qualunque altro sentimento negativo tu possa avere, in quel libro e nel Suo scrittore ci sono tutte le risposte. È quella, la mia vera eredità.”
“O…ok…L-Lo leggero più spesso.”
Era la prima volta che oltre a piangere cominciavo pure a balbettare.
“Promesso? Ehi, che ne dici di cantare insieme?”
Cantammo la sua canzone preferita, Wish. Si può dire che cantò solo lui, io arrivatò a metà cominciai a piangere come un bambino. E forse, ero ancora un bambino. Almeno, così volevo essere ai suoi occhi.
“Il tempo è definitivamente scaduto. Devo andare. Addio, Akira. Cresci forte, mi raccomando.”
“P…papà!”
“Che c’è?”
Lo abbracciai più forte che potei. Il pianto, il singhiozzo, il balbettio. Nulla mi impedii di dare l’ultimo saluto a mio padre.
“Papà…addio…ti voglio bene!”
Sorrise soddisfatto.
“Era da tanto che non me lo dicevi. Anch’io ti voglio bene, figliolo. Addio. Ci rivediamo in un’altra vita!”
Dopodiché, scomparve.
Era la mia seconda grande perdita, quel giorno. Era come se mio padre fosse morto di nuovo. Avevo perso pure il signor Akai. Mi fu difficile accettare tutto. Mi buttai sopra il letto cominciando a piangere. Almeno, la rabbia era svanita. Dopo un’ora di pianto, presi la prima parte della Dinastia dei Legato ed iniziai a leggerla, con l’aiuto di una lente d’ingrandimento. Ci stesi tre ore per leggerla tutta. Ma arrivai alla fine di quel libro. Mi alzai dal letto e cominciai a parlare ad alta voce. Forse, volevo che anch’io credessi a quello che stavo per dire.
Quinta parte: l’accettazione.

“Akira Farey muore oggi. I suoi successi, il suo passato, il suo presente. Il futuro che ho visto finora apparteneva ad Akira Farey. E lui non c’è più. Io sono…Io sono Akira Legato. Figlio di Kiiro Legato. Un solo cognome, una sola famiglia. Mio padre è morto perché credeva in sé. Ed ora, tocca pure a me credere in me stesso.”

Dopo aver pronunciato quelle parole, alzai lo sguardo. Asciugai la mia ultima lacrima, dopodiche andai.

Nel futuro.

FINE QUINDICESIMA PARTE.

FINE "UN FUTURO GIÀ VISSUTO"




(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)