I dubbi assalivano le nostre menti. La mia, per l’invischiamento di mio nonno, era in particolare subbuglio. La vista di una Seika in lacrime, di certo, non aiutava la mia condizione. Il pianto della mia pianista preferita riuscì a svegliare la mia bambina.
[Altrove…
“Ehi, vecchio, siamo arrivati?
“Non essere così impaziente. Vuoi così tanto vedere tua figlia, dopo quello che le hai fatto?
“Oh beh, mi dovrò pur divertire! Brutta non lo è di certo!”
“Che cos’è, una litote?”
“Un tritone? Mia figlia è un tritone?”
“Largo all’ignoranza, gente…comunque, siamo quasi arrivati. Non è facile piegare il tempo intorno alla gente, e poi far ritornare tutto com’era.”
“Ok, vecchio, sono nelle tue mani, in fondo mi hai salvato la vita. Anche se non ho capito ancora perché. Non mi sembri il tipo che fa niente per niente.”
“A tempo debito capirai. AH AH AH!”]
Riuscii a far riaddormentare la bambina in breve tempo, nonostante volesse restare con la “zia Seika”, come la chiamava lei. Ritornai così nel salone, a consolare per l’ennesima volta la disperata pianista.
“Una cosa è certa, tutto questo è molto strano. Comunque, qui c’è scritto che bisogna attendere una settimana. A proposito, come si chiama tuo padre?”
“Murai Desyo. Ma potrebbe anche essere un nome falso, con tutte le bugie che mi ha detto questa me l’aspetterei pure.”
Lo odiava da morire. E sicuramente, non ero nessuno per biasimarla.
La feci tornare a casa accompagnata da Seiryn. Sarei venuto pure io, ma la bambina poteva avere bisogno di aiuto. Magari la madre sarebbe stata più opportuna, ma ero io a doverla difendere dai pericoli che avevo già visto.
Tutte belle parole, dato che mi addormentai sul divano poco dopo.
“Papà!”
“…chi è?”
“Papà! Sveglia! C’è un tizio con la faccia sporca alla porta!”
“Sporca? Tizio? Sono arrivati gli alieni?”
Ci stetti un po’ per connettere. Maluk Revoruc, il manager dei Trespasser, era alla mia porta. E pensare che lo sapevo che doveva venire. Ma dov’era mia moglie? Le donne non ci sono mai quando servono.
“Aspetta, Revoruc. Sto aprendo.”
Aprii la porta velocemente, guardando mia figlia che lo indicava come una persona strana. In effetti, non si erano mai visti, e mia figlia finora aveva visto solo gente di pelle bianca.
Bisogna scoprire il mondo, sia quello uguale a noi, sia quello diverso, sia quello ugualmente diverso. E viceversa.
“Era tua intenzione farmi stare 15 minuti fuori, vero?”
“Sì, era uno sfizio che volevo farmi passare. Dai, Revoruc, sono tornato ieri stanco, pensavo che mia moglie sarebbe stata a casa, ma a quanto pare mi sbagliavo. Un secondo preciso.”
Presi l’iPhone dedicato alla famiglia, e le chiamai.
“…Pronto? Chi è?”
“Come chi è? Hai cancellato i numeri dalla rubrica? Sono io, Akira.”
“Ah sì, scusa. E che ho preso il tel prima di vedere chi fosse e lo messo subito all’orecchio. Scusa se non sono tornata, ma sono rimasta con Seika. È stravolta, ha bisogno di aiuto. Puoi sentirti con Seyo, dopo? Voglio sapere se Izuru può scendere per qualche giorno.”
“Hai fatto bene. Probabilmente avrei fatto lo stesso. Ok, dopo mi sento con Seyo. Sono qui con Revoruc, stiamo parlando di lavoro, dopo ti faccio sapere. A dopo, ok. Ciao.”
Veloce, ma significativa.
“E se hai finito con le tue magagne familiari, ora parleremo di lavoro, se la cosa non ti dispiace.”
“No, no, fai pure, sei venuto qui per questo, a conti fatti.”
“Papà, che vuol dire “magagne”?”
“…Piccola, papà ora deve lavorare. Se devi restare, fai meno domande possibili, le tieni in mente e poi me le chiedi, ok?”
“Oooooook!”
Quando accondiscendeva sempre avevo l’impressione di essere padre di una creatura troppo perfetta.
“Ok, Revoruc. A noi.”
“Quand è che imparerai a chiamarmi per nome? Comunque, questi sono i dati totali. Il tuo defunto suocero ha fatto un’opera meravigliosa, quand’era in vita. Non valgo nemmeno la metà di lui, come manager.”
Primo foglio, indicava le vendite del primo CD, La nascita, uscito nell’Aprile del 2008.
“Due milioni il primo anno? Scusa, così non siamo nella media? Dove sono i dati straordinari di cui parlavi?”
“Gira il foglio.”
Aprile 2009-Presente. 18 MILIONI DI COPIE. Il mio ultimo aggiornamento era rimasto a 12.
“Il boom delle vendite è avvenuto dopo il terzo tour. Soprattuto perché è il cd che contiene Saikyou. Il vostro album più venduto, a conti fatti. 20 milioni di copie non è roba di tutti. Il dato parlava anche della suddivisione demografica. 8 milioni in Giappone, 12 milioni nel resto del mondo.
“Questo era il potere di Akai. Aveva amici ovunque. Ha dato il vostro album a discografici esteri, facendovi vendere un botto. In patria non avete battuto il record detenuto da 16 anni ormai, ma globalmente siete primi. Grazie ad Akai Shiteru.”
Grazie ad Akai. Fosse solo per questo che dovevamo ringraziarlo. Questa era solo l’ennesima cosa da inserire in una lunga lista di ringraziamenti che avremmo dovuto fare, un giorno, se ci saremmo reincontrati.
Guardammo velocemente i dati del secondo e del terzo album, oltre ai dati dei vari concerti e del DVD/Blu-Ray live del terzo concerto. Prima di parlare del quarto album, suonarono alla porta.
“Oh, fratello nero, quand è che non ci vediamo? Ogni volta che ti vedo il mio cuore si riempe ed il mio portafoglio si gonfia!”
L’umorismo di Seyo era precipitato, da quando s’era sposato.
“Oh ecco, ora siamo tutti i maschi…oh beh, perlomeno tutti i maschi responsabili. Allora, avete deciso il nome del quarto album si o no?”
“Lascio decidere al boss, il 90% del disco è suo.”
“Sì, il titolo ce l’ho. Noi siamo nati circa 7 anni fa, cominciando tutto da un’idea di Akai. Chi si ricorda le battute che ci buttava con le sue figlie? Voleva che fossimo un gruppo musicale. E lo siamo diventati. Siamo nati grazie a lui. Ma ora lui non c’è più. Dobbiamo dimostrare al mondo e a noi stessi, che dobbiamo prendere ciò che ci ha dato, farlo fruttare e migliorare ancora. Questa sarà una nuova nascita. Il CD si chiamerà Rinascita. Ma dato che ci sono alcune tracce in inglese, inglesizzeremo pure il titolo.”
“Allora si chiamera Reborn?”
“Precisamente.”
Illustrai come volevo che lo scrivesse. “Re” minuscolo e “Born” Maiuscolo. reBORN. Perdemmo un po’ di tempo a cercare il giusto logo. L’idea ce la diede mia figlia, intenta a scarabocchiare dietro a noi. Un’artista nata.
“Ok, il mio ruolo qui è finito. Comincerò a mandare il logo al nostro grafico. Il CD è già in gold, dobbiamo solo finalizzarlo. Stavolta faremo un lancio di tre milioni. Senza Akai, la rinascita avverrà.”
Salutammo Revoruc, risposi alle molteplici domande di mia figlia, spiegandole nel frattempo che Revoruc non era sporco, dopodiché restai a parlare col mio migliore amico, con la quale non parlavo da parecchio tempo.
“Allora…che si dice?”
“Che si dovrebbe dire? Si invecchia. Sairyn è sempre indaffarata tra Akai e il lavoro, io tra lezioni di chitarra in entrata ed in uscita sono più impegnato di lei…ci vediamo si e no 4 ore al giorno, comprese le dormite.”
Non è detto che sposarsi voglia dire “vivere assieme”. Molte volte, vuol dire “risolvere i problemi insieme”.
“E tu non farla lavorare più. Non ha motivo di lavorare, siete praticamente ricchi, così come non l’avresti tu il motivo.”
Sapevo già la sua risposta. Ma volevo sentirla, ogni tanto mi faceva bene riascoltarla.
“Non può smettere. Quel lavoro è una delle eredità di suo padre. Se smettesse, lo infangherebbe. Direbbe che “essere ricchi non è una scusa per oziare” al quale seguirebbe una risata ed un “quindi non fate come me ah ah ah!”, più o meno.”
Seyo non era minimamente capace ad imitarlo. Nessuno lo era.
“Lo so, lo so. Anch’io mi do’ da fare, nel mio piccolo. Guarda qui.”
“La seconda parte del libro? Quella sul come si viaggia meglio nel tempo?”
“Sì, mio nonno me l’ha data ieri. Ma dopo ti racconterò meglio. Devo chiederti un favore. O meglio, devo chiederlo a tuo fratello.”
“Mh?”
“Seika è a pezzi.”
Raccontai brevemente la situazione. Seyo, appena capita la situazione, chiamò immediatamente il fratello, la quale si trovava a New York. Lo sentii allarmato dal telefono. Non aveva molti impegni, il suo prossimo incarico era tra tre giorni. Ma il viaggio sarebbe stato lungo, e l’attesa l’avrebbe fatto innervosire ancora di più.
“Dice che verrà prima possibile. Ma il viaggio durerà 15 ore, più il fuso orario.”
“…ok. Ci penso io.”
Non ero ancora pratico con la distorsione spaziale, ma un’amica aveva bisogno di me. Dire a se stessi di non poter aiutare perché non si è in grado, è una sottovalutazione che sa di egoismo.
“Fatti dire esattemente dov’è.”
“All’86esima dell’Upper East Side, di fronte al parco.”
“Puoi controllare le coordinate geografiche?”
Accese il computer, facendo una piccola ricerca. Ovviamente non trovò il numero, ma numeri identificativi del quartiere.
“40 latitudine, -73 longitudine.”
“Ok, ci provo. Augurami buona fortuna.”
Non feci in tempo a sentirlo che scomparì nel nulla. Trovandomi in una scura città. Scura perché era sera. Non capivo perfettamente se mi trovavo dove volevo arrivare. Solo un oggetto poteva risolvere ogni mio dubbio. Comprai un giornale.
Data: 4 gennaio 2015.
Ok, quello era giusto.
In prima pagina vi era una notizia che destò la mia attenzione. Presi l’iPhone per tradurla.
La notizia principale diceva: “Il killer Murai Desyo torna in vita! Dopo più di 10 anni di inattività si riparla del killer giapponese!”
Titolo troppo lungo, in Italia sarebbe stato stroncato.
Ciò non cambia che era importante.
[“Allora, siamo arrivati?”
“Ma pensi che sia facile raggiungere il Giappone dal New York? Eh? Non ho un dono naturale, io! Non sono un genio come mio nipote! Anche se quell’idiota non riuscirebbe mai a sfruttare tutto il suo potenziale! E poi devo piegare lo spazio intorno a te, ed è ancora più difficile!”
“Sì, come vuoi. Basta che ti sbrighi. È da troppo che non uccido. E davanti a me ho solo una persona.”
“Se mi uccidessi resteresti bloccato nello spazio. E comunque, io vedo il futuro, ricorda.”
“Sì, sì, bla bla. Se lo sapevo portavo un pianoforte. È da parecchio che non suono. Quando vivevo in incognito in Giappone, ero un pianista famoso, te l’avevo detto?”
“Sì, un miliardo di volte. Non mi meraviglia che tua figlia sia diventata pure una pianista.”
“Ah ah, modestamente. Tale padre tale figlia. Comunque, una volta in Giappone voglio usare il mio vero nome.”
“Fai quello che cavolo vuoi. Tra mezz’ora comunque arriveremo”.]
Nel giornale vi era una foto del killer in gioventù. Una faccia familiare. Sì, certo, doveva somigliare a Seika. Ma non solo. Avevo già visto quella faccia, ma non ricordavo dove. Ah, mente mia, non funzioni mai quando servi. Ma non c’era tempo da perdere, dovevo andare da Izuru.
[MENO DODICI]
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)
La prima parte alquanto scialba con dialoghi un pò noiosi ma nella seconda ricomincia il ritmo incalzante della storia con la nascita di nuovi personaggi e vicende mentre la mia curiosità di vedere questa storie e questi persanaggi svilupparsi aumentà. P,s la parola "invischiamento"la trovo fuori luogo visto che è una parola che generalmente non si usa.
RispondiEliminaI numeri delle vendite di dischi li trovo un pò esagerati per un gruppo che ha solo tre anni.
La storia si re-intreccia in modo quanto meno interessante. Attendiamo sviluppi.
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