And you are...
You're exceptional
The way you are
Don't need to change for nobody
You're incredibile
Anyone can see that
When will you believe that?


mercoledì, dicembre 29, 2010

Un futuro già vissuto, quattordicesima parte: vita che nasce, vita che muore

Gli aiuti dall’ospedale non tardarono ad arrivare. Alcuni aiutarono la debole Sairyn a ristabilirsi, mentre altri presero in custodia il bambino per alcuni accertamenti. Ma la maggior parte dello staff era dedicato esclusivamente al signor Akai, svenuto su una pozza di sangue creata dal suo vomito. Lo portarono con un’urgenza di livello rosso al reparto rianimazione. Non ho mai capito bene quanti litri di sangue contiene l’uomo, ma di certo se avessi perso io tutto quel sangue, sarei morto.

Il bambino, dopo gli accertamenti, fu dato in braccio a Seiryn, mentre Sairyn dormeva. Secondo ordine di Seyo, le figlie del signor Akai dovevano distrarsi e non pensare a quell’orrenda figura del padre in quello stato.

Dopo due ore buone, un dottore venne a parlarci. Solo io ero rimasto disponibile per colloquiare con lei.

“Scusi, lei è un parente del signor Shiteru?”
“Sono il genero. Mia cognata ha appena partorito e mia moglie le sta accudendo il bambino. Allora, cos’è successo?”
“Allora, non so da dove partire. Il signor Shiteru ha una gravissima malattia. Da quel poco che abbiamo analizzato, è iniziata come una malattia leggera che non porta alcun fastidio, se non alle persone già fragili di suo.”
Pensai alla signora Jun, la moglie del signor Akai. Alla sua malattia, come mi fu descritta.
“Non esiste ancora una cura, anche se dei dottori avevano cominciato una cura sperimentale circa 20 anni fa in Italia. Solitamente è auto immune. Ma nel corpo di suo suocero, la malattia non si è fermata. Ha continuato ad espandersi fino a raggiungere il punto massimo adesso.”
“…ma come? Così, tutto di colpo?”
“Non penso. Molto probabilmente, il paziente sa della sua malattia da più di un anno.”

Fermi.

Più di un anno?

Vuol dire che il prestito per i soldi del tour…la casa di Seyo…erano pensati tutti come regali postumi? E quelle uscite strane che faceva la mattina? Andava da un dottore?
Cominciai ad agitarmi, le prime lacrime desideravano di uscire.

“Siamo riusciti a rianimarlo, aveva tenuto dentro sé il sangue che doveva necessariamente espellere. Molto probabilmente non voleva svenire prima di assistere alla nascita dell’unico nipote che vedrà.”
“UNICO?”
“Sì. Mi dispiace dirglielo. Ma a meno che sua moglie non partorisca entro questo mese, quella creatura che oggi è nata sarà l’ultimo parente che vedrà nascere.”
“…cioè? Mi scusi, parli più chiaro.”
“In parole povere, signor Farey…il signor Shiteru ha meno di un mese di vita”

1961 – 2012.
Stava accadendo.

Il dottore se ne andò, lasciandomi solo davanti quella grandissima notizia che non faceva altro che sconvolgermi. Nonostante avessi alle spalle l’esperienza della morte dei miei genitori, non potevo certo dire di essere calmo. Non ci si abitua mai ai lutti. E ora cosa dovevo dire a Seyo, a Sairyn. A Seiryn?

Non avevo la forza. Non avevo il coraggio. Non avevo la capacità. Cercai il dottore e gli indicai la stanza dove c’erano i miei parenti. Mi disse che io sarei stato più indicato, ma gli feci capire dallo stato dei miei occhi che non ne ero assolutamente capace.

E così fu. Il dottore avvisò le figlie e Seyo. Quest ultimo riuscì a non piangere, anche se si vedeva visibilmente che era distrutto. Seiryn e Sairyn, invece, non furono così forti. Piansero tanto. Sarebbe inutile quantificare questo “tanto”. Stiamo parlando di figlie alla quale era stata annunciata la morte del padre.

Sairyn doveva restare ancora in ospedale, quindi chiese esplicitamente di essere messa vicina al padre. La sua richiesta non fu subito accolta, dato che dovevano controllare se la malattia fosse totalmente isolata. A quanto dissero, poteva essere trasmessa tramite saliva e sangue, ma non tramite aria e microbi. Quindi pensai davvero che aveva contratto la stessa malattia della moglie.

Seyo rimase a fianco della moglie per tutto il tempo che lei stese all’ospedale. Io e Seiryn, dopo aver visto il signor Akai, tornammo a casa. Era entrato in coma. Gli altri casi parlavano di risveglio solo 24 ore prima della morte. Un ultimo saluto ai suoi cari. La morte trovava sempre il modo di beffarsi dei vivi.

Per i giorni seguenti, io e Seiryn parlammo davvero poco. Passava molto tempo a piangere, ed io facevo del mio meglio per consolarla. Persino il suo compleanno fu tinto del nero più totale. Quella ragazza così energica, così solare, così splendente era stata distrutta da un evento. Ero distrutto anch’io, sia chiaro. Ma lei la vidi totalmente persa. Cercammo di unire i nostri sentimenti abbattuti cercando di confortarci. Di certo, allietammo un po’ il dolore. Ma non lo cancellammo. Non potevamo cancellare quel gran dolore che sarebbe derivato dalla perdita del signore Akai.

Cominciai a pensare a lui.
Lo conobbi ormai 6 anni fa, quel giorno di Gennaio 2006, quando Sairyn ci invitò a casa sua. Pensai subito di lui che era un tipo simpatico, con la quale si poteva scherzare senza problemi. Era il nostro punto di forza. Il nostro perno centrale. Con la sua esperienza, riusciva a tenere uniti noi scapestrati dentro un gruppo compatto. Amava le sue figlie molto più di se stesso, come dimostrò molte volte. Era severo solo quando la situazione lo richiedeva. Forse era l’effetto che mi dava la notizia, ma non riuscivo a trovare alcun difetto in lui.

Il mio pensiero fu interrotto da una voce. Una voce che molte volte avevo sentito ridere, ma che quella volta aveva un tono serio. Era lui, il vecchio Legato.

“È così, tuo suocero sta morendo?”
“…cosa ci fai, tu qui? Non era il compito della tua vita distruggere la mia?”
“Non mi pare di averlo mai detto. Il mio compito è totalmente diverso. Ma qui stiamo parlando della morte. Ho una certà età, e le persone non sono eterne. Ho visto i miei genitori morire. Ho visto mia moglie morire. Ho visto mio figlio morire. Ho visto tante persone a me care morire, e ho capito una cosa. Che non ci si abitua mai alla morte.”
“Cos’è, un tentativo di consolazione?”
“Chiamalo come vuoi. Comunque, non è che in realtà ti senti in colpa? Per non avere utilizzato bene l’eredità di tuo padre?”
1961-2012. Ci ripensai.
“COSA VORRESTI INSINUARE?”
“Sai benissimo cosa voglio dire. Tuo padre ti ha lasciato un’eredità abbastanza difficile da contenere. E tu non hai voluto usarla a pieno. Di certo io non ti biasimo. Ma tu? Riesci a non biasimarti?”
“!!!”
Non sapevo cosa dire. Non sapevo come controbattere. Forse perché non potevo. Aveva perfettamente ragione.

Era la sera del 29, quando ci chiamarono dall’ospedale. Le 24 ore erano già iniziate. Il signor Akai si era svegliato.

Corremmo subito verso l’ospedale. Trovammo Sairyn abbracciata al padre mentre piangeva senza sosta. Si staccò quando vide la sua seconda figlia. Mentre parlava con lei, io cominciai a parlare con Seyo, fuori dalla stanza.

“Allora…come stai?”
“Come vuoi che stia…sono distrutto. Sono appena diventato padre e mio figlio sta per perdere suo nonno. Il nonno che è il motivo del suo nome.”
Vero. Akai Karasu.
Per un Akai che vive, c’è un Akai che muore.
“Appena Seiryn finirà di parlare, prenderò mia moglie e lei e andremo a casa. Il signor Akai mi ha chiesto di poter parlare con te, gli ultimi momenti della sua vita. Non vuole che le figlie lo vedano morire. Sarai l’ultimo a vederlo in vita.”
Non so se essere felice di quella sua scelta. Ma di certo, non ero nessuno per oppormi.
Mentre pensavo questo, vidi le due sorelle uscire dalla stanza d’ospedale. Abbracciai Seiryn, mentre Seyo abbracciò Sairyn. Fu un lungo abbraccio, dopodiché se ne andò con Seyo verso casa. Avevano entrambe capito che quella, era l’ultima discussione col padre.

Ora, era il mio momento di avere l’ultima discussione col suocero.

Entrai in quella stanza che faceva già odore di morte. Salutai il signor Akai, e lui salutò me.

“Salve, figliolo…come vedi, non sono affatto l’uomo invincibile che credevi. Ah ah, e io che pensavo di assistere alla nascita del mio secondo nipote.”
“Signor Akai, non dovrebbe riposare, invece di parlare?”
Parlai come se ancora ci fosse speranza.
“E per cosa? Per perdere gli ultimi secondi della mia vita? No, figliolo. Ho chiesto di parlare con te perché ti ho sempre considerato un secondo figlio più che un genero. Oltre ad essere il mio discepolo ed il figlio del mio migliore amico. Ti racconterò la mia ultima storia. Ti prego di non interrompermi.”
“Ok, signor Akai, parli pure.”
Presi il telefono e puntai il registratore. Non volevo che le sue ultime parole si perdessero.
“Come ben sai, mia moglie Jun morì di questa malattia. Contrasse questa malattia mentre era giovane, fuori dal Giappone. È una malattia rarissima dalle nostre parti, oltre ad essere praticamente autoimmune. Ma per Jun non fu così. Scoprì di essere malata nel 1992, molto dopo quel viaggio. La sua fragilità la portò alla morte. Era sempre stata una donna fragile, ma quella malattia la uccise. Ma, circa due anni fa, capii che io non ero tanto meno fragile di lei. Cominciai ad avere rigetti di sangue sempre più frequentamente. Quindi andai da un medico, che mi disse che la malattia si era propagata per tutto il corpo e che avevo meno di 18 mesi di vita. Dapprima feci visitare pure le mie figlie, poi cominciai la mia vita da padre prodigo. Avevo risparmiato quel denaro per un vostro futuro radioso in una mia prosperante eredità, ma poi cominciai a spenderlo per voi. Anticipai i soldi del tour, anzi coprii molte spese, facendo in modo che le uscite fossero solo di un misero 10%. Non feci nessun prestito, come invece feci credere. Comprai una casa a Seyo. Tra l’altro, fino a qualche giorno fa avevo i soldi del tour rimanenti nel mio conto in banca. Ho trasferito metà dei soldi a te, metà a Seyo. Spero che possano bastare come scusa per la mia morte.”
Cominciai a piangere e singhiozzare. Chiedeva scusa per la sua morte. Si sentiva in colpa ad abbandonarci.
“Kiiro una volta mi disse… Che se mai avesse avuto un figlio…Sarebbe diventato un talento musicale, un genio della composizione…e che, nel farlo, si sarebbe ispirato a me. Sono felice di vedere che non ha seguito quel proposito.”
Cominciò a parlare affannosamente. L’elettroencefalogramma cominciava a segnare i battiti rallentati.
“Ti prego, Akira…qualunque cosa succeda…veglia su mia figlia…e sulla tua vita…non pensare mai di essere arrivato al massimo…questo ci fregò tempo fa. Non so ancora il motivo della morte di Saki, ma la moglie di Kuroi mi disse che si suicidò dopo lo scoglimento della band, perché non voleva perdere il successo che aveva avuto. Morì maledicendo il suo vecchio amico nella tomba. L’orgoglio e la superbia distruggono lentamente questo pianeta, Akira. Non farti coinvolgere. Tu sei un ragazzo d’oro, come lo era tuo padre. Me lo prometti, figliolo?”
“…sì…sì, te lo prometto, papà.”
Era la prima volta che chiamavo il signor Akai “papà”. Solitamente i suoceri vengono chiamati “papà” dopo il matrimonio con la figlia, ma avevo sempre trasgredito quella regola, perché vedevo davvero poco del padre nel signor Akai. Solo nel momento della sua morte capii che aveva tenuto nascosto tutto, per farci vivere serenamente.
“Non dissi a nessuno di voi della malattia per non distrarvi…troppo dalla vostra felicità…Vi eravate appena sposati, Sairyn era incinta…chi ero io per mettermi in mezzo? Eppure, ho ugualmente rovinato tutto. Ho rovinato la nascita di mio nipote. E molto probabilmente, la mia morte inciderà pure sulla nascita di tuo figlio. Mi dispiace, Akira. Mi dispiace davvero tanto.”
Cominciò anche lui a piangere. Io aumentai l’intensità del mio pianto a livelli che neppure per la morte dei miei genitori avevo raggiunto. Era la prima volta che una persona cara a me moriva davanti ai miei occhi.
“Addio, Akira. Spero che resterai sempre come ti ho conosciuto.”
Pensai alla sua capriola durante il terzo tour. Piansi ancora più forte.
“Non cambiare mai, resta sempre il ragazzo d’oro che sei adesso”
Pensai al suo “ladies and gentleman” con quell’inglese. Piansi ancora più forte.
“Rendi felice la mia famiglia, come la tua rese la mia felice tempo fa!”
Pensai a quando rischiò di affogarsi col sushi. Piansi ancora più forte.
“Addio, figliolo. Ti voglio bene.”
Non pensai più. Ma continuai ugualmente a piangere ancora più forte. L’elettroencefalogramma non segnava più il battito. Akai Shiteru era morto il 30 gennaio del 2012. Esattamente 6 anni dopo mio padre e mia madre.

Tutti mi aspettavano a casa Shiteru. Capirono dalla mia faccia che il signor Akai ci aveva lasciato. Seyo e Sairyn si incamminarono verso casa, mentre io con Seiryn restammo un altro po’. Dovevo dirle due parole.

“Amore…scusami se te lo chiedo…ma vorrei chiederti se, solo per oggi, tu possa dormire qui, a casa di tuo padre.”
“? Ma perché?”
“Ho parecchi dubbi nella mia mente, e so che potrei diventare abbastanza violento nel risolverlo. Non vorrei che tu fossi coinvolta.”
“MA PERCHÉ? NON SIAMO UNA FAMIGLIA? NON CONDIVIDIAMO SEMPRE TUTTO? NON…”
“NO! IO HO SBAGLIATO! IO LO SAPEVO CHE SAREBBE MORTO, E NON TI HO DETTO NULLA!!!”
Mi si illuminò nella mente. L’immagine della seconda lapide che vidi quel giorno che andai nel futuro inoltrato. Akai Shiteru, nato il 25-06-1961, morto il 30-01-2012. Lo sapevo, ma non volevo crederci.
“Come…lo sapevi? Te l’aveva detto lui?”
“No…io…ho visto la sua lapide…nel futuro.”
“Akira, ma cosa stai dicendo?”
“So che non puoi comprendermi, e attualmente non avrei neppure la forza di spiegare. So solo che avrei dovuto dirvelo prima. Non credevo fosse possibile realmente. Invece è successo. Ti prego, Seiryn, solo per oggi. Lasciami riflettere da solo. Tu, però, forse è meglio che non resti qui. Chiamerò Seyo, dormirai a casa sua. Grazie, amore. Ti amo.”
La baciai mentre lei restò immobile, senza parole. Forse cercava di pensare qualcosa, ma non ci riusciva. Uscii da quella casa mentre telefonai a Seyo. Trovò la mia idea strana ma comprensibile, conoscendo lui meglio degli altri i miei scatti d’ira.

Finalmente arrivai a casa. Il 5 nel tappeto pulsava. Brillava. Sembrava soddisfatto.

“PERCHÉ?”
Cominciai ad urlare.
“Perché sapevo che sarebbe morto? Perché non l’ho detto a nessuno? Perché non ho creduto a quella visione?”
Unii gli urli a dei pugni al muro. Cominciai a sanguinare.
“Perché deludo tutti quelli che si aspettavano qualcosa da me? Perché? PERCHÉ?”
Comincia a piangere e ad aumentare la forza dei pugni al muro. Finché, non senti una voce.

“Fermati, Akira. Cosi distruggerai la casa.”
Mi girai lentamente. Riconobbi quella voce. Ma non poteva essere lui.
Invece era proprio lui.
Indossava il mantello dei Legato. Ma non era il vecchio Legato. Era qualcuno che non poteva essere lì. Lo guardai per un po’, prima di pronunciare una domanda più che lecita, per il mio cuore confuso.

“Pa…papà?”

FINE QUATTORDICESIMA PARTE.
(Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Story by Brian Farey. All right reserved.©)

3 commenti:

  1. questo già va meglio....
    errori disseminati qua e là...stese per stette è ormai un must...incoerente la sensibilità d akira in qst capitolo se paragonata la capitolo in cui si parla della morte dei genitori...una donna incinta lasciata sola dal marito dopo la morte del padre=assurdità...ma cmq la suspance si riconferma..la trama è interessante anche stavolta

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  2. Sicuramente un passo in avanti rispetto ai precedenti capitoli. Adesso le cose iniziano a quadrare, ma aspetto il continuo.

    Certo, qualche errorino c'è sempre, ma non importa.

    Anche io ho notato due piccole pecche che escon fuori dal punto di vista dell'emotività dei personaggi, ossia la differenza di reazione alle morti dei genitori prima e di Akai dopo, e il lasciar sola Seiyrin, incinta, e da poco orfana anche del padre. E' un momento in cui una donna non si lascia da sola... ogni altro pensiero, impegno o flash mentale si rimanda...

    Detto ciò, ribadisco il balzo in avanti... aspettando il crescendo che porta all'esplosione finale...

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